L’Europa che vuole uscire dalla crisi
di Emilio Barucci –
La notizia è di quelle positive: i ministri delle finanze dell’UE hanno trovato l’accordo sulla supervisione bancaria unica. A partire dal 1 marzo 2014, la BCE vigilerà direttamente su tutte le banche con attivi superiori ai 30 miliardi di euro o che rappresentano oltre il 20% del PIL del Paese, le altre banche rimarranno sotto il controllo delle autorità nazionali ma la BCE potrà appropriarsi del dossier in qualsiasi momento.
E’ bene precisare che si tratta di un tassello di un’architettura più generale che dovrebbe portare alla cosiddetta unione bancaria. Un progetto che si compone di tre pilastri: supervisione unica, meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie, sistema di garanzie sui depositi a livello europeo. Ieri è stato dato il via al primo pilastro, sugli altri invece siamo ancora in alto mare.
La notizia è positiva per almeno due motivi. In primo luogo mostra che l’Unione e gli Stati che ne fanno parte sono capaci di iniziativa e di porre un rimedio strutturale all’assetto istituzionale che ha fatto da contorno alla crisi finanziaria e dell’euro. La storia dell’Unione Europea è fatta di ‘‘sconfitte’’ che hanno portato a passi avanti importanti. In questo caso l’immobilismo degli Stati è durato a lungo giungendo financo a mettere in pericolo l’euro, con la decisione della BCE di luglio di usare armi non convenzionali in difesa dell’euro le cose sono però cambiate. Da allora i trattati e la governance europea sono stati interpretati con maggior pragmatismo gettando le basi per un loro ripensamento. La decisione dei ministri delle finanze conferma questo mutamento.
La decisione sulla supervisione unica è positiva anche nel merito: la crisi dell’euro ha infatti mostrato i limiti di una regolamentazione e di una vigilanza delle banche su base nazionale. Tre sono i limiti emersi. In primo luogo non è stato possibile gestire le crisi bancarie a livello nazionale, la maggior parte dei paesi della UE ha dovuto infatti mettere in campo risorse pubbliche ingenti e questo è risultato essere molto difficile per quelli appartenenti all’euro. Ciò ha imposto di fatto l’esigenza di avere un’autorità di vigilanza e una monetaria che fanno riferimento al livello europeo. Il secondo limite è legato alla forte integrazione dei mercati finanziari. In questo contesto, l’armonizzazione delle regolamentazioni e delle vigilanze nazionali non può più bastare in quanto rischia di innescare distorsive forme di competizione fra i settori finanziari dei diversi paesi come è successo per le banche spagnole e irlandesi. Il terzo aspetto critico è che nell’esperienza recente la gestione delle crisi bancarie è stata sostanzialmente patrimonio delle scelte politiche nazionali. Tale gestione può introdurre fattori di incertezza per gli opportunismi dei singoli Stati con severe conseguenze per gli altri (è il caso ancora della Spagna negli ultimi mesi).
L’effetto positivo a breve termine è che l’ESM potrà ricapitalizzare le banche senza gravare sui bilanci nazionali. Oltre ad alcuni rilevanti dettagli, su cui sembra si sia però raggiunto un buon compromesso, rimangono aperti alcuni problemi e delle criticità di cui dobbiamo tenere conto.
Occorre mettere in cantiere anche gli altri due pilastri, se un sistema europeo di garanzie sui depositi arriverà soltanto con la mutualizzazione dei debiti pubblici, la messa a punto di un sistema di risoluzione delle crisi bancarie sembra più alla portata ed è assai urgente al fine di permettere una loro gestione ordinata. Il secondo punto critico è che la BCE assumerà un ruolo sempre più importante senza un adeguato bilanciamento di poteri da parte della Commissione, la mediazione politica continuerà ad avvenire con i singoli paesi e questo non è positivo. Il terzo punto critico è il rischio che deriva da eventuali errori nella regolazione e nella vigilanza (avvenuti in modo eclatante prima del 2007). Con una vigilanza unica le conseguenze potrebbero essere davvero letali. Questo rimanda alla necessità di agire prontamente sul piano della regolazione riconoscendo che Basilea III non è una risposta adeguata, la strada da seguire è quella della proposta Barnier con una separazione tra banche commerciali e investment bank chiarendo quelle che sono le banche da salvare e quelle che debbono essere lasciate fallire. Questo è il vero campo su cui si gioca la sfida per una più efficace regolazione della finanza, una battaglia che è ancora agli inizi ma che con la decisione di ieri può essere ben impostata.
Tratto da Nel Merito