Testimonianza di una precaria

Capite il tedesco? Una lettrice si racconta

di Laura Spampinato

Pubblichiamo il messaggio di una lettrice, inviatoci ieri come commento all’articolo “Un tempo per esserci. Io ci sto! Appello ai precari“. Abbiamo scelto di presentarlo come articolo perchè per la ricchezza dei contenuti e le considerazioni amare, ma autentiche, che contiene si presenta, a nostro avviso, come una testimonianza, degna di essere ascoltata e da annoverare nella nostra inchiesta “Vita da precario”. E’ la voce di una pensionata, che ha vissuto tutta una vita da precaria e che prova un’indignazione e una rabbia profonde e comprensibili per sentirsi e vedere intorno a sè un mondo di esclusi, ancora una volta ignorati da questo Paese e da chi lo governa.

Questa mattina alle 3 sono cascata dal letto. Di regola dormo benissimo; al massimo mi sveglio un pochetto e dopo qualche minuto di tv crollo. Invece questa mattina ho capito subito che non avrei ripreso sonno. Il fatto è che ieri sera avevo letto le bozze dei documenti del Governo per la Riforma del mercato del lavoro, parte relativa agli ammortizzatori e parte relativa ai contratti, e c’ero rimasta malissimo verificando che si parlava ancora e sempre delle 52 settimane maledette di versamenti. Eccolo ancora lì quel limite assurdo. E poi tutto il resto, sempre a tentare di escludere per un verso o per l’altro. Già me li vedo gli impiegati dell’INPS fintamente spiacenti:”Lei non ci rientra per un pelo. Ritenti un’altra volta”. Ma il sonno non me lo ha fatto perdere questo pensiero bensì il riflusso di quello che devono passare in questi momenti i sindacalisti e tutti quelli che fanno generalmente opposizione al Governo. Potrebbe prendermi un infarto a pensarci, per quanto mi si stringe il cuore a rivedermi seduta davanti a quel tavolo lungo lungo dove si decideva delle sorti dei miei colleghi. 2.500 nominativi apparsi la mattina in bacheca licenziandi. Alcuni persino moglie e marito, senza pensarci. Era la Standa.

Bloccammo tutto, e arrivò il giorno degli stipendi e ci dissero: se non rientrate non vi diamo le buste. Noi delegati dovevamo decidere che fare: ci consultammo con la base e continuammo. I licenziamenti si tramutarono in esodi volontari. Quanti soldi? Trattative singole: come al mercato tira e molla. All’Ispettorato andammo a fare finta di fare le vertenze: straordinari, sostituzioni qualifiche più alte, tutto inesistente e tutti a giurare il falso, lavoratori, direttori, sindacalisti e ispettori annuenti. Sgomberammo. A me andava bene, stavo per laurearmi dopo 16 anni di azienda e mi annoiavo tanto lì dentro. Sarebbe stato meglio diventare commercialista, di base ragioniera, ma avevo la passione della psicologia del lavoro e dell’organizzazione, quindi psicologa e con la liquidazione proseguii con la specializzazione di 2 anni (all’epoca non esisteva nel pubblico, frequentai il corso presso l’IED davanti al Parlamento).

Dovrei farla troppo lunga; non voglio scrivere un romanzo, ma lasciatemi dire questo: ho provato cosa significa trasferirsi di città per inseguire l’occasione di un incarico a termine, e poi rimanere intrappolati nella precarietà tre mesi per tre mesi non sapendo come regolarsi. Potreste dire: non dovevi valere molto. Errore. Andate a chiedere al Comune di Milano se ero o no competente. Quando dormivo in campeggio in via Airaghi vedevo arrivare gruppi di operai con pacchi di giornali (quelli che danno gratis) che usavano come materassi e coperte per scaldarsi la notte sotto alle tende (era novembre). Tornavo tardi la sera dalle docenze nelle scuole civiche: il 423 finiva le sue corse alle 20,15 da Lotto e l’altro che potevo prendere più tardi mi lasciava a 400 metri e il tragitto era pessimo: buio, solitario, senza marciapiede, quando pioveva le macchine mi facevano la doccia, abbaiavano i cani, avevo una paura tremenda. Mi ero fatta portare la mia roulotte, ma senza macchina, solo per stazionarvi, ma con il freddo stavo per ammalarmi.

Con la paga da co.co.co. netta di 1.200 euro (agosto niente) non potevo permettermi il bungalow. La solidarietà fra poveracci è tanta e proprio uno di quelli che dormivano sui giornali mi indicò una persona che subaffittava un appartamento. Così mi salvai dai malanni (una docenza ai militari – che orientavo a diventare imprenditori – l’avevo fatta senza voce, a gesti). A proposito, l’esercitazione che assegnai fu: mettere in piedi un precampicchio (campeggio per precari con tutti i comfort). Poi le cose andarono meglio, sempre meglio, fino a quando un giorno il Ministro Brunetta: hai compiuto 3 anni di precariato come somministrata? Sloggia. E stavo scrivendo dei testi; mi offrirono di tornare per finirli in veste di co.co.pro. presso la Fondazione scuole civiche ma dopo avrei perso il diritto all’indennità di disoccupazione. Che angoscia: accetto o non accetto? Mi fido? Proviamoci.

Chiuse l’Assessorato e tutti a casa, io e altri dieci, senza sostegno al reddito. Eppure ero la stessa, stessa password, ma diritti diversi. E’ chiaro cosa voglio dirvi, capoccioni che non siete altro, voi del Governo? Prendete sempre decisioni che strapazzano le persone come se fossero arance: spremute e si buttano. Allora cosa mi aspettavo adesso: l’universalità dei diritti da subito. Resto disoccupato e ottengo sostegno. Ma qui entra in ballo quel solito discorso che ci offende: pigri e approfittatori siete, tutti. Può darsi che qualcuno lo sia, come fra gli onorevoli c’è qualche ladro e peggio. Si scoprono e si puniscono. Gli altri che c’entrano? Il metodo? I soldi? Non fate finta di non sapere, di non capire, sapete e capite benissimo che si potrebbe. Ve lo potrei dire in tedesco!

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ExRs75isitw

Se vi pare troppo lungo esaminate solo la seconda parte, più tecnica. Ma io, considerando troppo innovativa per voi questa proposta, mi sono inventata un modellino molto più semplice, con strumenti già in corso. E ve l’ho mandata: ma niente. Anche la mia è troppo avanti. Preferite far finta di non averla letta. E ripeterci sempre le stesse cose; che siamo pigri, ignoranti, e attaccati alle gonnelle delle mamme. Così nulla cambia: chi è riuscito a entrare nelle categorie più forti ha tanti vantaggi e degli altri che importa? Solo per fare esempio: l’abbonamento per il trasporto pubblico. Chi lavora con stipendio fisso al Comune ha la metà di sconto, e i disoccupati pagano l’intero biglietto. Ma siete folli! Non avete giustificazione che tenga. Io da questa mattina ho chiuso le mie orecchie ai vostri discorsi. Non sintonizzo la mia tv e radio in Italia e ascolto France24 così mi esercito in francese per passare il tempo. Sono pensionata adesso: 770, compreso il canone RAI. Spalmai un anno di indennità di disoccupazione su due di fermo. Ce l’ho fatta, grazie alla mia famiglia. Ma vi maledirò ogni giorno vedendo i poveri per terra. La prima parte della riforma doveva essere dedicata a chi non ha avuto lavoro e non ha versato contributi certo non per sua colpa e per tanto tempo. Voi non avete paura perché avete sempre con voi la scorta. A noi ci ammazzano per due baiocchi, e se siamo pensionati ne siete pure soddisfatti.

Ringraziamo Laura Spampinato per la sua testimonianza. Le perplessità sull’attuale riforma del lavoro in discussione, purtroppo, erano state già da noi avanzate nell’articolo “Riforma del lavoro: ma dove sono i precari?”. Proprio l’assenza dei precari al tavolo delle trattative è stata avvertita come un segnale preoccupante, non degno di un Paese democratico.