di Paolo Deganello –
Il kit fai da te come antidoto alla crisi. Questa la proposta di Recession design, un progetto in cui oggetti e arredi vengono creati con materiali di uso comune direttamente dall’utente. Il designer diventa un tecnico al servizio di una creatività diffusa. Alla produzione di serie del prodotto si sostituisce la produzione di serie del componente, del semilavorato. Il prodotto si territorializza e si diffonde la cultura della manutenzione, secondo cui gli scarti diventano uno spreco e si tende sempre più a riusare tutto. Per Deganello l’autoproduzione potrebbe essere un’interessante risposta alla crisi.
Il kit fai da te, antidoto alla crisi
A pagina 140 del numero di Giugno del 2009 di “Ottagono” rivista italiana di architettura e design si legge”Il kit fai da te antidoto alla crisi”. Lo studio Pop Solid di Milano ha riunito un collettivo di giovani designer italiani e stranieri (etá media 35 anni) per dare vita al progetto “Recession Design”, una collezione di oggetti e arredi essenziali creati con materiali di uso comune e di facile reperibilitá, provocanti e divertenti come fossero giochi”.
Nel dicembre del 2009 il Museo per le arti applicate MAK di Vienna invita il gruppo milanese a illustrare il progetto al pubblico attraverso una “live performance” che si tiene durante la “design week ” cittadina. Per l’evento Recession Design distribuisce ai visitatori dei kit contenenti materiali e semilavorati che dovranno essere utilizzati per costruire degli oggetti, naturalmente con l’assistenza dei progettisti. Al termine della performance,il visitatore, con un contributo simbolico lasciato al museo, potrá portarsi a casa il suo oggetto finito e autocostruito. Il pubblico intervenuto durante la serata ha accolto l’iniziativa con grande entusiasmo assemblando vari oggetti, aggiungendo in alcuni casi, anche piccole migliorie o personalizzazioni, a dimostrazione che il coinvolgimento nella progettazione puó essere interessante,divertente e a volte un vero e proprio stimolo per nuove attivitá creative”*
Al Salone del Mobile di Milano del 2010, alla Fabbrica del vapore, ex fabbrica dismessa di proprietà del comune, spazio espositivo dedicato alla promozione della creativitá giovanile, Recession Design espone una nuova collezione di oggetti questa volta realizzati con la dichiarata sponsorizzazione della BricoCenter, societá di Bricolage con 100 negozi in Italia.
La Brico Center mette a disposizione di Recession design macchine elettriche, trapani seghe levigatrici ed altri attrezzi che vende per il “Fai da te” e i semilavorati sempre da lei commercializzati per la realizzazione dei prodotti presentati. Incoraggiati dal successo di critica e di visitatori, Recession Design propone alla Brico Center di organizzare dei laboratori del” fai da te” nei loro negozi dove i giovani progettisti, pagati dall’azienda, offrono ai clienti, gratuitamente, una consulenza alla pianificazione dei loro progetti promuovendo ovviamente la migliore utilizzazione dei semilavorati Brico Center, ma nello stesso tempo rilevando le esigenze reali del cliente di questa società di distribuzione. Si prevede inoltre che i laboratori, attraverso un portale mettano a disposizioni soluzioni suggerite, complete di schemi di montaggio, che utilizzano sempre macchine utensili, semilavorati disponibili nei Bricocenter ma nello stesso tempo fanno la consulenza a progetti dei clienti e complessivamente promuovono una diffusione dell’autocostruzione degli arredi della propria casa.
Cosa cambia?
1) Il progettista non è più autore, ma un tecnico al servizio di una creatività diffusa che lui stesso promuove e dovrebbe essere in grado di aggiornare ed evolvere informando, stimolando continuamente l’utente sulle istanze più aggiornate della disciplina del design. Quella massificazione dell’estetico attraverso la merce che era stato obbiettivo fondamentale e socialmente legittimante del design moderno, di quel design nato intorno alla catena di montaggio e alla grande serie non si realizza più attraverso l’imposizione di un prodotto firmato ma attraverso una acculturazione del consumatore visto come soggetto creativo capace di una sua, per quanto assistita, autonomia progettuale. La merce progetto diventa così servizio, serve ad ogni utente a costruirsi il suo pezzo unico.
2) L’azienda non vende più solo un prodotto ma anche un servizio progettuale, sostituisce all’indagine di mercato e al marketing tramite i designer dei laboratori la rilevazione puntuale dei desiderata del cliente. Crea una solidarietà attiva industria- utente che ha nel progettista la sua interfaccia ideale.
3) Alla produzione di serie del prodotto si sostituisce la produzione di serie del componente, del semilavorato necessariamente sempre più flessibile e utilizzabile per diverse applicazioni. Si riducono enormemente tutti i costi per produzione e promozione di un singolo prodotto finito, imballaggio, trasporto, pubblicità, e tutti i rischi e spreco di risorse pesantissime nei prodotti finiti invenduti. Si riducono, quindi, enormemente tutte le risorse impiegate, il prodotto si territorializza, cíoé si produce sempre di piú in prossimitá dove si consuma e si abbassa il conseguente inquinamento dovuto alla minor quantità di risorse impiegate e alla eliminazione del trasporto di prodotti finiti. Se una parte significativa del lavoro viene delegata al consumatore questi coltiva sempre piu la sua vocazione al “fai da te ” che lo porta a recuperare, con la riscoperta della manualitá, la cultura della manutenzione, rendendo sempre più durature le merci che lui usa, sia quelle costruite da lui che quelle acquistate. L’usa e getta” si deve ora misurare con un qualcosa”che ho fatto io”. La mistica del sempre nuovo, la vocazione a compiacersi e subire l’induzione alla obsolescenza rapida del prodotto viene ostacolata e boicottata dal rapporto affettivo e possessivo dell’oggetto che”mi sono costruito io”. Gli scarti diventano uno spreco nella cultura di questo consumatore che tende sempre più a riusare tutto e l’invenduto si riduce enormemente, anche perché il semilavorato che non ha successo comporta un ben diverso e più ridotto spreco di risorse impiegate rispetto ad un prodotto finito invenduto; e inoltre sarà lo stesso design del laboratorio a inventare e suggerire nuove applicazioni che gli ridiano consenso. E’ chiaro infine che un magazzino di semilavorati ha un costo di trasporto e d spazio infinitamente minore di un magazzino di prodotti finiti. Lo sa bene IKEA che però trasporta e immagazzina prodotti finiti smontati, ma è molto superiore il risparmio di trasporto e spazio se si passa al magazzino di semilavorati.Questi diversi e salutari risparmi sommati ad un riterritorializzazzione del prodotto fanno sì che questo si realizzi in casa usando materiali acquistati nel più vicino bricocenter, a cui si aggiungono il costo del progetto e costruzione delegata all’utente. Questi prodotti possano avere costi ancora inferiori ad IKEA. Sono però tutti diversi, sono i miei prodotti, hanno un livello di identificazione con l’utente progettista e costruttore la cui vita verrà da lui strenuamente difesa. I prodotti autocostruiti rischiano in definitiva di avere prezzi concorrenziali al prodotto IKEA,e hanno in più il fascino della personalizzazione e della non standardizzazione che invece la casa IKEA tende ad imporre al mondo intero.
4) Si valorizza e diffonde la figura di un utente progettista e autocostruttore e quindi consumatore autonomo e critico,che al prodotto firmato tende a sostituire la sua capacitá di inventare e non subire il prodotto, avvicinandoci a quell'”uomo artigiano” proposto da Richard Sennet**. Su questo libro e su questa proposta di Richard Sennet c’è nel mondo del design italiano un grande interesse. Si demolisce tra l’altro il mito un tempo tutto positivo di quella società industriale, su cui è costruita tutta la cultura del design, che nella crisi oggi del valore del lavoro, nel degrado ambientale, nel recupero dei valori della diversità contro ogni omologazione, nel rifiuto dell’ omologazione planetaria dei consumi, che l’internazionale design ha promosso e la globalizzazione ha realizzato, misura molte delle ragioni della sua grande crisi.
5) Questo nuovo consumatore autocostruttore svolge un ruolo attivo nella definizione del concetto di merce. L’utente non attende più il prodotto, non vive nell’attesa di novità, si progetta e costruisce il prodotto di cui ha bisogno. Da una produzione, concentrata nella azienda e da queste promossa, passiamo ad una produzione diffusa voluta nelle case degli utenti. Cambia di conseguenza la casa dell'”uomo artigiano” che avrà sempre più un laboratorio o potrà contare su un laboratorio di condominio o anche di quartiere che potrà sempre appoggiarsi al laboratorio Brico Center per la consulenza nella progettazione e realizzazione del progetto e diventa il nodo di una possibile rete di strutture distributive di prodotti per bricolage attrezzate col laboratorio che lentamente ridefinisce anche la struttura distributiva quale struttura di promozione dell’autonomia relativa del consumatore.
E’ sempre esistito il Bricolage, va comunque tenuto presente che in questi ultimi anni ha avuto una forte diffusione. Recession design lo propone all’interno della produzione di elementi e complementi di arredo quale occasione di ulterirore diffusione di questa attitudine al fare. Di fronte al ridotto potere di acquisto di una utenza sempre più vasta, alla diffusione di una condizione di precariato e di forzato tempolibero dovuto alla crescita della disoccupazione, e della cassa integrazione, questa figura di autoproduttore, potrebbe estendersi alla progettazione e costruzione di prodotti ottenuti dall’assemblaggio di altri semilavorati. Nel vestiario, negli elettrodomestici, nei computer esistono da tempo laboratori artigiani che vendono su commissione computer assemblati secondo le esigenze dell’utente, nasce così sia una nuova figura di consumatore progettista e coproduttore che di designer al servizio di una progettualità diffusa. E’ possibile intravedere una vocazione associativa, già tentata in Recession design che secondo alcuni si doveva trasformare in associazione e gestire collettivamente il grande successo ottenuto? Mettendo insieme queste due nuove figure di consumatore-produttore- progettista e designer costruttore credo valga la pena di ritentare e promuovere gruppi di consumatori che si associano e progettano e coprogettano con altri utenti e gruppi di designer che anch’essi diventano progettisti produttori, gruppi misti che fondono le diverse competenze in una struttura produttiva che è una nuova idea di azienda. Qualcosa di simile seppur parzialmente si è gia realizzato nei G.A.S. (Gruppi di Acquisto Sosolidali), formati da contadini produttori e da consumatori che instaurano varie forme di collaborazione e solidarietà diretta che in alcuni casi è arrivata ad una nuova associazione tra produttori e consumatori per i prodotti alimentari( si veda l’esperienza di www.agricolutanova.it in prossimità di Roma).
Nessuno si illude almeno per ora che una diffusione dell’autoproduzione sia una alternativa all’attuale produzione di merci, ma può essere una modalità di produrre merci che si affianca alla tradizionale produzione di merci e la condiziona e fatto non secondario come per i G.A.S, elimina il filtro e i costi della grande distribuzione.
Forse non è secondario segnalare che nel catalogo della mostra “The New Italian Design ” fatta dalla Triennale di Milano e curata da Andrea Branzi a Istanbul, una forte percentuale dei prodotti selezionati sono o prototipi che attendono un produttore, o autoproduzioni dei giovani designer e tra queste anche una pattumiera domestica per la raccolta differenziata progettata e autocostruita da Carmine Deganello nel progetto Recession Design.
Possiamo prefigurare una nuova strategia di progetto di giovani Designer senza più azienda che autocostruiscono, producono in piccola serie e commercializzano i loro progetti, magari insieme ad autocostruttori non professionali e progettisti autocostruttori autodidatti che vendono direttamente, nei loro laboratori –negozi-gallerie cioè senza la grande distribuzione, tutta la ricchezza articolata del loro operare? Potrebbe essere questa una interessante risposta alla crisi e alle difficilissime prospettive di lavoro di una intera generazione di designer.
….In una progressiva drammatizzazione della crisi, economica culturale, morale ambientale che con diverse intensità attanaglia tutto il pianeta, quale speranza sussiste di poter incidere sui comunque inevitabili radicali cambiamenti imposti da questa crisi epocale che possano andar oltre una semplice testimonianaza di quello che il design avrebbe potuto essere?
*”Design fai da te” ed.Rizzoli .2011
** Richard Sennet “l’uomo artigiano” ed. Feltrinelli .2008