Quanto pesa il mio voto? Un progetto – 2

Rendiamo pubblica la proposta di progetto del gruppo di discussione “Là di Dele” sul tema del voto elettorale pesato e ponderato, che Giuseppe Del Zotto ci aveva inviato alcune settimane fa, come ulteriore spunto per continuare la riflessione sull’argomento, che avevamo cominciato a trattare nell’articolo “Quanto pesa il mio voto? Una riflessione“. Ha senso introdurre il voto pesato e ponderato? Come sarebbe possibile applicarlo? Il problema non è nuovo: Giuseppe Mazzini nel 1850 sosteneva Date il suffragio ad un popolo che non vi è preparato, governato da cieche passioni, ed esso lo metterà in vendita o ne farà cattivo uso “, così come John F. Kennedy sottolineava L’ignoranza di un elettore in democrazia pregiudica la sicurezza di tutti”.

 

La modalità di voto per le elezioni politiche è sempre solo una convenzione, stabilita da un legge elettorale che risente delle contingenti situazioni storiche, culturali e politiche (e spesso “ad partitum”); essa stessa con certi meccanismi produce diseguaglianze.  In Italia la modalità  attuale è  che un voto equivale a un elettore, e  si attribuisce lo stesso peso (uno) a ciascun voto;  ma essa non è l’unica possibile.

Il risultato che ne consegue si basa su una modalità piuttosto primitiva ( l’addizione semplice di unità numeriche identiche) e soprattutto grezza se con questa si vuole valutare, con metodi oggettivi e scientifici, anche una certa qualità del consenso, obiettivo ora molto sviluppato nelle analisi di mercato  e delle propensioni di vario tipo con strumenti scientifici molto attendibili. 

Il consenso , certo, nessuno vorrebbe  che risultasse da un’attività inconscia, senza una base logica, casuale  quasi una specie di roulette: la democrazia non può e non deve essere “stupida”: quella comune adesione deve essere sostenuta da una pur minima razionalità diffusa avente alla base almeno la semplice informazione dei fondamenti ed il rispetto delle regole democratiche basilari. Anche l’esclusione dal voto dei minori di 18 anni (e 25 per il senato) deriva da quanto espresso sopra (capacità di scelta motivata) e da alte forti e giuste ragioni.

Inoltre la democrazia non è neppure un concetto statico, una “roba” acquisita da ognuno una volta per tutte, con una specie di diritto ereditario automatico, senza un apporto continuo  e neanche una esplicita adesione del singolo: il suo livello di attuazione deve essere costantemente monitorato per mettere eventualmente in atto azioni per un suo ulteriore sviluppo.

Esistono, almeno come possibilità tecniche  anche altre modalità di conteggio, alcune più sofisticate, altre  più semplici,  e tra queste ultime ad esempio il voto ponderato o pesato; di questo potremmo indicarne almeno due tipi : quello in cui il “peso” o punteggio diverso viene applicato, dall’elettore stesso al momento del voto, ai vari partiti o coalizioni o candidati (o ai singoli punti programmatici)  secondo  il livello di gradimento (quindi non un solo “sì”) o di “sgradimento”;  l’altro in cui quel “punteggio” viene applicato all’elettore stesso; entrambi valgono  solo per il singolo appuntamento elettorale. Nella seconda modalità a ciascun voto di base (valore 1) può essere aggiunto un “premio”,  un peso  o punteggio sulla base di determinati criteri, ad esempio il grado di consapevole informazione, certificato, che deve dimostrare un cittadino elettore (qui si parla di elettorato attivo). Questi due metodi potrebbero anche essere tra loro integrati per ottenere risultati qualitativamente piu’ attendibili, ma, per semplicità, fermiamoci qui al secondo. 

Il grande  interesse attuale per questo problema deriva dal senso di deriva della politica democratica nel nostro Paese e dal verificato stato di “analfabetismo funzionale”.

Siamo proprio sicuri che la modalità attualmente utilizzata, e per 70 anni mai posta a seria valutazione  in Italia per le elezioni politiche, sia la migliore possibile in questa situazione ? Neanche la Costituzione lo stabilisce con certezza. Essa ne prescrive (peraltro con attributi anche interpretabili) solo alcuni caratteri generali irrinunciabili nei valori etici.  Tuttavia,  dopo 70 anni di cambiamenti planetari, non possiamo continuare a leggere il dettato costituzionale in modo pedestre e statico. Se vogliamo salvare la democrazia reale è doveroso mantenere i valori della Costituzione, e perciò è altrettanto doveroso cambiare alcune regole o perlomeno interpretarle in modo non banalmente burocratico, andando invece a valorizzare i principi ispiratori, cioè progredendo verso una costituzione un po’ più “materiale” e meno “ formale”, quindi meno conservatrice, anche secondo il pensiero di diversi dei massimi costituzionalisti. 

Infatti in generale le democrazie liberali e rappresentative oggi non sono in una fase rigogliosa, anzi attraversano un periodo di pericolosa debolezza, ed anche, è un paradosso, per la ridondanza di informazioni non controllabili.  Il modello “una testa equivale a un voto sempre pari ad uno”, insieme ad altri limiti,   ha dimostrato, soprattutto negli ultimi anni, tutta la sua fragilità e ambiguità.  Il rapidissimo cambiamento di opinione sui risultati (certificato da sondaggi scientifici) nel caso della Brexit, dell’elezione di Trump, di Macron, delle stesse nostre elezioni del 4 marzo 2018, lo stanno a dimostrare; stendiamo poi un velo pietoso su quelle elezioni, peraltro regolari, che portarono al potere il fascismo ed il nazismo. 

Anche in casi meno drammatici, comunque, il voto uscito dalle urne è stato poi ritenuto sbagliato rispetto agli interessi complessivi, perché inconsapevole, dagli stessi elettori, in Stati e culture diversi.  Molti, a posteriori, si sono certamente chiesti il perché. La risposta in fondo è semplice e non occorreva essere politologi  per prevedere  quegli esiti: troppa è stata da un lato la disinformazione per evitare che la ragione consapevole prevalesse sulla “pancia”, sulla rabbia cieca per le ingiustizie, sull’ubriacatura  da promesse impossibili (al limite dell’art.661 del Codice penale sull’abuso della credulità popolare, depenalizzato ma non estinto), dall’altro una certa connessa ”ingenuità” e superficialità.   

Ciò in questo momento spinge molti filosofi, politici e opinionisti di tutto il mondo ad occuparsi, anche  rompendo  certi tabù ideologici , del “politicamente corretto”, del “si è sempre fatto così”, di questo problema, proponendo  soluzioni che hanno  tratti fondamentali in comune,  pur con alcune diversità tra loro: alcuni con posizioni radicali( abolizione suffragio universale), altri, come noi, in modo più articolato e propositivo. 

Stiamo parlando del “voto pesato o ponderato”, qui in particolare per il voto alle elezioni politiche ; (né amministrativo, né referendum ove l’applicazione pratica potrebbe subire qualche adattamento).  Più precisamente, si tratta di un singolo voto il cui valore non necessariamente vale sempre uno ma,  nel caso di riconosciuta, al singolo elettore,  maggiore conoscenza di informazioni di tipo politico, a quell’ uno di base potranno essere aggiunte quantità variabili da definirsi in modo democratico e quanto più oggettivo possibile. 

Quindi,  gli sdegnati sostenitori di ogni tipo di diritto  (anche quelli presunti) e coloro che odiano l’epistocrazia,  non si straccino le vesti e stiano tranquilli: nessuna soppressione del suffragio universale, nessuna creazione di caste di sapienti, nessuna classificazione del singolo elettore fissata a vita, nessun contrasto con la costituzione,  come invece si sente dire da parti poco informate, prevenute e tradizionaliste; né tantomeno maggior punteggio per propensioni politiche “giuste” (che non saranno nemmeno possibili).   Concordiamo con Sabino Cassese : “Quindi, l’epistocrazia può operare come correzione della democrazia, come un suo limite, non al posto della democrazia.” Noi, dopo “democrazia”, rafforzeremmo aggiungendo: “ per il suo  sviluppo “. *

Per esercitare ogni tipo di attività umana, anche la più umile e la più semplice, è necessario dimostrare la capacità di saperla fare: per alcune occorre un diploma, una laurea, un esame superato, per altre anche la sola dimostrazione nel campo del saper fare. Non si  capisce  perché la votazione politica (che non è tra le attività più semplici) dovrebbe prescindere dalla conoscenza delle minime informazioni che costituiscono le regole dello stare insieme e della tenzone elettorale. Si sgombri subito il campo dall’obiezione secondo cui viene ritenuto più meritevole chi dimostra le stesse idee  di colui (presumibilmente il Ministero) che porge i quesiti: sia ben chiaro che qui non si parla assolutamente di contenuti politici di destra, sinistra, centro o altro. Qui si tratta solamente di conoscenza delle regole, regole semplici che saranno alla  portata  di comprensione di qualsiasi adulto indipendentemente  dal livello di studio, dal tipo di lavoro o altro, dato che per conoscere quelle non sono richieste particolari capacità. Si tratta della conoscenza della Costituzione, della legge elettorale, dei principali punti programmatici dei partiti e coalizioni in corsa e magari di alcuni semplici elementi di base di economia. L’adesione scritta alla Costituzione antifascista è un requisito necessario anche per il voto di base. Le condizioni ricordate dalle leggi Scelba e Mancino, indipendentemente di promozione e organizzazione di un partito fascista, devono valere, nel caso delle elezioni, anche per i singoli elettori   Infatti è su questa adesione che si regge quel diritto trasmessoci, come un testamento, da quelle generazioni che l’hanno direttamente conquistato con la lotta di liberazione, la cacciata del fascismo, la costruzione della Repubblica  e la Costituzione. 

 Il diritto al voto non è un diritto naturale, e tantomeno l’eventuale “premio” maggiorativo : esso semmai deve essere conquistato anche oggi e merita secondo noi, per la sua importanza, di poter essere sì acquisito dal cittadino italiano al diciottesimo anno (comunque superato l’esame scolastico di educazione civica),  ma non automaticamente.

Del resto negli USA (e similmente anche in altre democrazie) avviene qualcosa di analogo  per ottenere il diritto di cittadinanza che non è considerato un regalo.  Scrive Heinlein: “Se una cosa è gratis e non comporta responsabilità immediate, allora non viene percepita come cosa di valore o importante”. Insomma per essere  elettore, un cittadino deve anche dimostrare di tenerci alla cosa pubblica, informandosi, sottoponendosi a una semplice verifica ad ogni appuntamento di elezioni politiche: è il minimo “sacrificio”che una Repubblica fondata sulla partecipazione (art. 3 , 46, 49  della Costituzione) possa richiedere.  L’acquisizione di tale opportunità è molto meno accettata  rispetto ad un proprio personale supposto diritto di scelta che,  per  le eventuali conseguenze,   può riguardare  il destino di milioni di altre persone. 

Qualche critico frettoloso del voto ponderato sosterebbe che il principio è giusto ma che questo cozzerebbe contro la Costituzione, quindi, chiuso il discorso.  Niente di più falso, al di là  del fatto che anche modifiche o interpretazioni autentiche e  necessarie  alla Costituzione  possono sempre essere fatte. Infatti, la caratteristica del voto pesato è quella di andare in favore dell’attuazione di un articolo importante della Carta che nel suo complesso oggi reclama una sua più completa realizzazione. Essa deve essere letta e realizzata in funzione dei valori di cui è portatrice, non applicandole una lettura solo testuale, formale, ed un po’ burocratica, imbalsamata e quindi oggettivamente conservatrice.  Si ritiene, invece,  che l’esercizio del voto ponderato abbia la duplice funzione di aumentare, con la maggior conoscenza,  la partecipazione e di premiare il merito (criterio e valore primario in vari articoli della costituzione).

  Il primo obiettivo si ottiene con il naturale incentivo ad ognuno di sentire di contare di più in una virtuosa competizione; inoltre il necessario avvicinamento alle questioni politiche del vivere insieme, libererà moltissimi, che poi si rifugiano nell’assenteismo, dal sentirsi inadeguati o disinteressati perché ininfluenti o demotivati nel constatare che il giudizio di elettori perfettamente ignoranti, con quella scheda, viene equiparato a quello di chi invece impiega tempo e cervello per essere un buon cittadino.

Possiamo dargli  torto?  L’eccessivo assenteismo  mina la credibilità degli organi eletti. In estrema sintesi si premierà chi è più informato: l’informazione è il primo gradino verso una maggiore consapevolezza  e le istituzioni elette riceveranno una maggior credibilità, legittimazione reale e quindi forza.

La Costituzione non è un insieme di regolette, e neppure una legge ordinaria, con tanto di divieti, obblighi e penalizzazioni oppure di  permessi  ed incentivi, da applicarsi rigorosamente hic et nunc:  essa esprime lo scenario di valori verso il quale indirizzare il popolo italiano, quindi una cornice per un lavoro in corso.

La lettura statica e burocatica della costituzione chiama in causa l’”eguaglianza” . Ma  la Costituzione stessa ammette l’esistenza di diseguaglianze nella società, invocando l’impegno del popolo per il loro superamento. Lo sapevano benissimo i Costituenti che nel momento della stesura della Carta il voto non era ancora né universale né uguale. E se ben guardiamo non lo è nemmeno oggi.  “L’eguaglianza evocata dall’art. 3 co. 7 Cost. non è l’eguaglianza dei punti di arrivo, ma l’eguaglianza dei punti di partenza”(prof. Corso).

La Costituzione non distingue tra “voto in entrata” e “voto in uscita”, ma per entrambi l’uguaglianza è solo formale: ad es. riguardo al secondo non viene garantito che ogni voto pesi in maniera eguale sul risultato complessivo. L’uguaglianza non viene altresì garantita nel caso di elezioni di secondo grado, quando il voto dei rappresentanti eletti nella prima fase sia ponderato al numero di cittadini che ciascuno di essi rapresenta. Anche sull’aspetto del voto “libero” si aprirebbero molte incertezze, se non altro perché le tecniche di persuasione occulta (ma che oggi sono note) hanno raggiunto  mille volte la potenza, pervasività, l’efficacia rispetto a 70 anni fa.  

Anche il voto pesato peraltro non deve essere considerato un dogma immutabile: lo riteniamo uno strumento, eventualmente temporaneo, che potrà aiutare ad uscire  sia da un prolungato periodo di dissuefazione e di antipatia per la politica,  sia  da una troppo scarsa cognizione dei problemi e delle regole per la convivenza. 

Come si può  rendere il voto più cosciente sia sui contenuti politici che sulle fondamentali  regole della Costituzione? Finiti i partiti tradizionali che calavano questo sapere sui territori,  a questo progetto generale  di informazione e consapevolezza civica dovrebbero concorrere anche:

– la scuola, dalle elementari alle superiori, valorizzando la formazione del pensiero critico, lo studio della storia anche recente e lo studio dell’educazione civica in modo approfondito non relegata a materia di serie B. 

– i partiti presentando per tempo al pubblico  programmi chiari e dettagliati, sostenibili ambientalmente, economicamente (investimenti, tagli, bilanci, capitoli di spesa, introiti presunti, ecc)  e socialmente sorretti da alti valori etici; poi le  possibili alleanze, ragioni di compatibilità valoriale e non, ”paletti” insuperabili e non, candidati di specchiata capacità e moralità oltrechè di comprovata pratica dei valori politici, regole democratiche della loro vita interna e  presenza diffusa nei territori; il tutto esposto , con la massima precisione, senza ambiguità e genericità, nonché in forma semplice e facilmente accessibile.

– le istituzioni ad esercitare la massima trasparenza per un controllo continuo da parte del cittadino. 

– i mass media,  aiutando le persone  a sviluppare  maggiormente e laicamente il pensiero critico; i giornalisti  pungolando senza sosta e “sconti” i politici e pretendendo da essi risposte non evasive e dall’insieme delle strutture la massima trasparenza.  

– la società nell’aiutare questo avanzamento della democrazia attraverso il rafforzamento delle sue rappresentanze già organizzate e di quelle future, nonché nel reclamare ulteriori misure per lo sviluppo democratico , e di  riconoscimento e tutela dei diritti dell’elettore rispetto alle promessse dei partiti nonché della loro trasparenza interna e nel gestire la cosa pubblica. 

Quindi il voto ponderato non come mera modalità di calcolo diverso né come unica  bacchetta magica , ma come strumento iniziale di uno sviluppo democratico, certamente avverso a quello delle “piattaforme” e dei sondaggi, entrambi di privati che, in modo surrettizio, stanno cominciando a sostituirsi, nella (scarsa) coscienza collettiva, alle tradizionali consultazioni pubbliche e generali.

 

*Prefazione al libro del filosofo politico americano Jason Brennon, Contro la democrazia, Luiss University Press, 2018

  Segue “Quanto pesa il mio voto ? – Un commento”