Quando il datore di lavoro è precario
di Irene Cavarero –
I lavoratori precari non sono solo tanti piccoli singoli con contratti capestro. A volte sono dipendenti a tempo indeterminato che hanno un datore precario: una cooperativa. Se questa fallisce tutti i dipendenti sono a rischio. E anche la qualità del servizio pubblico che fino a prima svolgeva. Per sopravvivere le cooperative spesso sono costrette ad ingrandirsi, perdendo il loro spirito e il legame con il territorio.
R.M. ha 29 anni, laureata, sposata, dipendente con contratti part-time a tempo indeterminato in due cooperative sociali descrive la difficile condizione di dipendente presso un datore di lavoro, che è a sua volta precario, esposto al rischio continuo di fallimento, soprattutto nel caso in cui il principale cliente è lo Stato. Questa condizione, infatti, invece di costituire una garanzia, aggrava ulteriormente la condizione di sopravvivenza delle cooperative sociali, perchè gli enti pubblici spesso pagano con enorme ritardo, creando problemi di “stabilità” alle cooperative e condannando i suoi collaboratori a condizioni di precarietà sempre più difficili, a tagli stipendiali continui e a forme lavorative avventizie, che li obbligano spesso a transitare da una cooperativa all’altra.
Che lavoro fai?
Lavoro come impiegata amministrativa in due piccole cooperative sociali: ho due contratti part-time a tempo indeterminato. Le cooperative per cui lavoro, come tutte le cooperative sociali, si occupano di assistenza e di servizi alla persona; il nostro principale cliente è lo Stato. Già quando facevo l’università ho avuto il mio primo contratto temporaneo con una delle cooperative, poi ho deciso di fare la tesi su questa struttura e dopo la laurea sono stata assunta. Ora sono anche socia di una delle due cooperative.
Abbiamo assistito a Torino in novembre a una grande manifestazione delle cooperative sociali, che chiedevano alla regione e al comune di Torino di essere pagate. Gli enti pubblici non pagano?
La cooperativa anticipa i soldi per dare lo stipendio ai dipendenti, in attesa che l’ente pubblico paghi per il lavoro svolto. Spesso però salda il debito con gravi ritardi (anche di un anno) e così la cooperativa per poter corrispondere gli stipendi è costretta a chiedere prestiti con tassi molto alti alle banche e a contrarre debiti con i fornitori: in una situazione così precaria è facile che questo tipo di strutture falliscano. In periodi critici talvolta le cooperative stesse pagano i dipendenti con ritardo. Per evitare il fallimento la via scelta da alcune cooperative è quella di ricorrere a forme contrattuali temporanee o di tagliare sugli stipendi, anche se i salari dovrebbero essere inquadrati nel contratto nazionale delle cooperative sociali. Precari sono anche coloro che sono assunti a tempo indeterminato: se la cooperativa perde un appalto, i lavoratori che svolgevano il servizio appaltato sono a rischio.
I bandi pubblici non prevedono la tutela dei lavoratori?
A volte. In questo caso la nuova cooperativa deve assumere i lavoratori che già c’erano: questi si dimettono dalla cooperativa che ha perso la gara e sono assunti da quella che l’ha vinta. In generale questo passaggio avviene spesso, anche se il bando non lo prevede, per una sorta di solidarietà tra le cooperative. Il rischio per il dipendente è di trovarsi a fare lo stesso lavoro che faceva prima, ma con condizioni contrattuali diverse (anche peggiori) rispetto alle precedenti, perché il datore è cambiato.
Per la cooperativa ottenere un appalto è una questione complessa: per ogni gara sono valutate con percentuali diverse la validità del progetto e quella dell’offerta economica. Se prevale il primo criterio è molto difficile capire in base a quali elementi verrà giudicata la proposta della cooperativa, se prevale il secondo si rischia un gioco al ribasso che ricadrà poi sui dipendenti e sulla qualità del servizio. Tuttavia il problema maggiore è che in certi settori, come l’educativa di strada, non vengono neanche attivate gare, perché sono i primi fondi a venire tagliati in momenti di crisi.
Si sta perdendo il senso della cooperativa?
Mi pare di sì. Spesso ai lavoratori stessi non importa nulla di passare da una cooperativa all’altra. Spesso le cooperative per resistere meglio alle crisi si ingrandiscono attraverso successivi accorpamenti e non hanno più dipendenti ma soltanto soci, che condividono il rischio e portano quote associative. Mi chiedo però come possano essere condivise le decisioni in assemblee di così tanti soci. Nelle cooperative per cui lavoro io, che sono piccole, lo “spirito cooperativo” viene valorizzato e nell’assemblea le scelte sono discusse dai soci con il consiglio di amministrazione. Questo progressivo ingrandimento per ragioni di “stabilità”, come anche la partecipazione alle gare di cooperative che vengono dall’estero o da altre regioni non sono che i sintomi più preoccupanti della crisi: le cooperative stanno perdendo il loro spirito e il loro legame con il territorio non per lucro, ma per sopravvivenza.
(tratto da L’Unione Monregalese)