Passeggiate fuori porta 2015
La lettura urbana di Ninfa è un’occasione per riscoprire la sua anima tra storia di lungo periodo e contemporaneità. Una città che oggi è in rovina, ma che un tempo era centro di riferimento territoriale. Di questa esistenza passata non rimane che una pallida eco, tanto flebile eppure con una forza straordinaria: la natura rigogliosa ed esuberante contrasta e contemporaneamente rafforza l’immagine di questa nostra Pompei del Medioevo.
Ninfa è evocazione di una grandezza scomparsa, di una città abbandonata e allo stesso tempo è materialmente il risultato di come l’identità di un luogo si trasformi, nel lungo periodo, passando da centro propulsore di vita, commerci e incontri a un giardino dove la natura esprime la propria vitalità e predominio sull’uomo. Un luogo dunque complesso, che può ammaliare il visitatore meno esperto.
La complessità di questo sito è caratterizzata non solo da una stratificazione storica (basti pensare che non conosciamo ancora esattamente la pianta della città, che solo una ricerca d’archivio unita a uno studio del monumento come documento fondamentale e primario di analisi potrà chiarire), ma anche dall’evidenza del nome: «giardino». La scelta di comunicare Ninfa caratterizzandola con il suo essere un giardino ne ferma l’immagine al ‘900, quando questi luoghi diventano ciò che ora abbiamo sotto i nostri occhi grazie all’opera delle eredi di Roffedo Caetani. Eppure i significati di Ninfa sono molteplici, come già abbiamo delineato in occasione della Passeggiata del 2014: Alla scoperta dei Monti Lepini: il tesoro di Ninfa.
Ninfa racchiude in sé numerose storie: quella della città e del suo abbandono. Contemporaneamente racconta di un paesaggio romantico descritto dai viaggiatori dell’800 e dai poeti novecenteschi e riporta noi contemporanei a scenari fantastici e a un’Italia da scoprire tappa per tappa, in un viaggio di autentica bellezza come quello del film Viaggio in Italia di Rossellini.
Ninfa ci ricorda le vicende di un territorio caratterizzato dall’acqua, governato da una parte dalla Pianura Pontina e dall’altra dominato dai Monti Lepini, in un insieme di insediamenti e natura che possiamo chiamare paesaggio. Ninfa è poi parte della storia, delle vicende e delle tecniche costruttive degli uomini che l’hanno abitata, primi fra tutti i Caetani: legati al territorio e alla città.
Per tutti questi motivi Ninfa non è solo un giardino, ma un patrimonio contemporaneo, certamente da valorizzare sotto molteplici aspetti, con itinerari integrati e seguendo nuove frontiere di ricerca.
Riflettendo su questi temi è nata l’intervista a Guglielmo Villa, docente e ricercatore della Sapienza Università di Roma, che ci accompagnerà in un itinerario integrato tra architettura e botanica nella prossima “Passeggiata fuori porta”.
Emma Tagliacollo: L’idea di questa Passeggiata fuori porta è di mettere in evidenza il disegno della città di Ninfa, interpretandone le tracce e mettendo in evidenza il rapporto tra le rovine e la forza della natura. Quali qualità nascoste presenta questo sito e come si possono valorizzare?
Guglielmo Villa: Ninfa è un caso, rarissimo, di città abbandonata alla fine del medioevo, prima delle sostanziali trasformazioni di uso e di forme che hanno coinvolto i nostri centri urbani a partire dall’età moderna. Le testimonianze della sua struttura materiale conservano pertanto, nonostante le distruzioni, i crolli dovuti al tempo e certi restauri, una straordinaria vividezza. Percorrendo i suoi sentieri, le antiche strade è ancora possibile percepire la configurazione degli spazi pubblici e del tessuto edilizio, una certa organicità che era propria della città nel medioevo e che nell’età moderna si è andata progressivamente perdendo. È possibile, inoltre, riconoscere le tracce delle condizioni d’uso dello spazio costruito; in qualche modo si possono ascoltare gli echi di una vita urbana pulsante. Un caso emblematico è dato dagli edifici che prospettano lungo il fiume Ninfa. Si tratta di case, di piccoli opifici, di strutture funzionali, che restituiscono l’idea di quanto questa via d’acqua, vero e proprio asse portante dell’economia cittadina, fosse vitale, trafficata; quanto le sue sponde fossero dense di attività e di umanità.
Tutto ciò conferisce ai resti della città medievale, in alcuni casi pervenutici in condizioni di conservazione molto precarie, un valore singolare, che va oltre il loro già rilevante interesse storico e culturale.
Il rapporto dei resti della città con la natura rimane un connotato peculiare del sito, gli conferisce un fascino unico ed ha assunto esso stesso, ormai, una notevole valenza culturale. Gli interventi necessari sui resti della città medievale sono molti e in molti casi urgenti. Occorre innescare, tra l’altro, un processo di conservazione attiva più continuo delle strutture edilizie; bisogna rendere inoltre meglio percepibili i percorsi e gli spazi pubblici della città medievale, restituirli, ove possibile, alle originarie condizioni di fruizione, in maniera da rendere meglio riconoscibile la struttura urbana. Ma questi obiettivi devono essere contemperati alle ineludibili istanze di conservazione e di cura delle componenti vegetazionali del giardino, in un equilibrio che potremmo definire dinamico. È un passaggio ambizioso, ma è indispensabile ad una adeguata valorizzazione del sito.
Per conseguire il risultato auspicato è necessario, tuttavia, approfondire la nostra conoscenza della città medievale e delle sue strutture edilizie residue. Scelte ponderate possono venire soltanto dalla disponibilità di dati che molto spesso oggi ci sfuggono, da una loro sistematizzazione, dalla composizione, in definitiva, di un quadro più avanzato e accurato di ricostruzione delle vicende storiche e costruttive del sito. In tal senso stiamo già lavorando, con una serie di iniziative messe in campo nell’ambito del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura della Sapienza – Università di Roma e della Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio del nostro Ateneo, che sono coordinate dai professori Alessandro Viscogliosi e Daniela Esposito. D’altra parte l’ampliamento della base conoscitiva è indispensabile allo sviluppo di un secondo tema di fondamentale importanza per la valorizzazione: quello dell’attività di comunicazione e di divulgazione.
ET: Puoi raccontarci com’è nato il tuo interesse per Ninfa e come si è sviluppata la ricerca architettonica in questo contesto in cui la forza della natura sembra predominante?
GV: L’urbanistica delle città del tardo medioevo italiano è stato un tema centrale della mia attività di ricerca, fin dagli anni della mia formazione come studioso. Un caso di studio come quello di Ninfa non poteva non attirare il mio interesse. Il coinvolgimento più diretto nelle attività di ricerca sul sito è venuto grazie ad Alessandro Viscogliosi, che mi ha coinvolto in un ambizioso progetto di studio, avviato su sollecitazione della Fondazione Roffredo Caetani. Si tratta di un progetto che avrà bisogno di tempi lunghi e di ricerche specifiche su ciascuna delle emergenze edilizie, sia sul campo, che in sede archivistica, ma che lentamente comincia a dare in questi mesi qualche frutto.
ET: Quale tipo di occasione per la cittadinanza e per le istituzioni credi che possa rappresentare questa Passeggiata fuori porta a Ninfa?
GV: Ci sono a mio avviso due importanti temi al cui sviluppo possono contribuire iniziative come questa. In primis si deve riconoscere che iniziative di questo tipo possono portare un contributo importante alla valorizzazione del sito, attraverso la conoscenza e la divulgazione delle sue peculiarità e del suo valore. Allo stesso tempo, però, si deve considerare che l’acquisizione di un sito di questa natura ad un patrimonio culturale più ampiamente condiviso può avere un’importanza notevole nell’affermazione di una maggiore consapevolezza delle valenze racchiuse in un contesto territoriale tanto ricco quanto fragile.