Ci si incontra per caso, ci si imbatte in qualcuno e improvvisamente questa persona fino ad un attimo prima estranea entra nella nostra vita, comincia a condividerla, a scambiare con te i suoi pensieri e tu con lui i tuoi. Per caso, ma forse non proprio per caso. Se si sceglie di percorrere la stessa strada, è probabile che ci si incontri prima o poi e si possa fare un tratto di strada insieme, scambiandosi sensazioni ed esperienze. Così qualche settimana fa sulla strada che stiamo percorrendo e condividendo con voi che leggete i nostri articoli, abbiamo incontrato Giuseppe Rissone e il suo progetto bradipodiario. Abbiamo scoperto di camminare sulla stessa strada, ognuno con il proprio progetto, abbiamo cominciato a camminare insieme, a seguire ognuno i passi dell’altro e così siamo diventati “compagni di viaggio”. Ed è sempre più bello e confortevole affrontare i rischi, i disagi e le scoperte del viaggio con qualcuno che condivide le nostre speranze, le nostre aspirazioni, il nostro punto di vista.
Sono davanti a una grossa pedana con le ruote, a fianco pile di libri da disporre, non a caso, ma con criterio, nello specifico un’esposizione delle ultime novità librarie. Il collega con cui devo eseguire questo lavoro inizia a collocare i volumi con frenesia, senza calcolare gli spazi e le grandezze, cerco di fermarlo, come risposta ricevo un secco: datti una mossa… e qui la discussione cresce d’intensità, ma credo che a voi lettori questo poco importi, quindi tralascio. Conclusione, la fretta ha raddoppiato il tempo di esecuzione, il primo tentativo di sistemazione a tempo di record fallisce, si deve rifare tutto… Sono tornato a casa con una dose di rabbia indescrivibile, ma facciamo un passo indietro…
Per molti anni ho lavorato in diverse realtà come educatore, nel lontano 1996 decido di fondare con altri colleghi e amici un “centro ragazzi” diverso da quelli presenti nella mia città, dove non fosse obbligatorio frequentarlo, ma una “casa” a misura di ragazzo/a. Subito sorge il dilemma del nome – quello da dare alla realtà che gestirà il tutto, si sbriga in poco tempo – tutti quelli proposti vengono subito scartati, perché banali o strausati. Così un pomeriggio mentre sto tirando calci a un pallone con un ragazzino, penso che lui può essere la soluzione, ha fantasia, ha creatività… ti faccio una domanda, se tu dovessi scegliere il nome per un luogo dove i ragazzi vengono a studiare, giocare, suonare e inventare con l’aiuto di adulti come lo chiameresti? Il ragazzino ci pensa per pochi secondi e dalla sua bocca esce… bradipo… rimango un attimo in silenzio e sono subito rimbrottato… non sai cos’è un bradipo? sì… quasi… a dir la verità ho fatto una certa fatica a immaginarmi il muso dell’animaletto… però perché questo luogo dovrebbe portare il suo nome? Semplice, il bradipo è per antonomasia lento, quindi se venisse a trovarvi voi sareste così bravi da animarlo e farlo divertire, e poi come la mamma del bradipo tiene con sé i suoi piccoli, voi fate lo stesso con i ragazzi.
Davanti a questa spiegazione mi sono dovuto arrendere, e dopo pochi mesi è nato il Centro Ragazzi Il Bradipo, una storia ricca d’incontri, emozioni, relazioni, durata circa dieci anni, ma questa è un’altra storia, che si collega alla seconda, in comune il filo conduttore della lentezza.
Torniamo alla sistemazione dei libri, la prima cosa che mi è venuta in mente al mio ritorno a casa, per sfogare la rabbia per la discussione con il collega e per le oltre due ore trascorse a lavorare male, è stata quella di accendere il pc e aprire un blog, il nome non poteva che richiamare il tanto amato animaletto, ed ecco in pochi minuti sbarcare sul web bradipodiario, era l’8 novembre del 2008 e così esordisco… eccone un altro, un altro blogger si affaccia sulla scena del web, per raccontare che cosa? Lo scoprirete nei prossimi giorni, quando né avrò voglia, perché il mio motto è vivere mille giorni da bradipo che uno da beone… ho già scritto molto e sono stanco, alla prossima volta! Quattro giorni dopo aggiungo questo post… Correte, correte, che cosa serve correre, a cosa serve fare le cose di fretta? Dove si vuole arrivare? Secondo me da nessuna parte! Non avete idea di quante occasioni si perdono, di quante non si vedono, di quante non si sentono! Le città stanno sempre più disumanizzando i rapporti, tutto passa attraverso la comunicazione virtuale! Ben vengano le nuove tecnologie, senza di quelle io non sarei qui a scrivere, però tutto non si può limitare a questo! Io ad esempio non uso il cellulare, nel senso che non lo possiedo, non vado in macchina, nel senso che non ho la patente, vado a piedi, in autobus, in treno e in metrò. E’ necessario trovare il tempo per “perdere tempo”, e il cosiddetto “lavorare con lentezza” non è l’equivalente dell’ozio e del parassitismo, è un modo diverso d’intendere la vita. Dio ci ha regalato immense meraviglie, che vanno assaporate e vissute e non messe come un sottofondo quasi fastidioso. Cosa ne pensate? Dopo pochi mesi, l’idea era di chiudere tutto, i commenti non arrivavano a fiumi però arrivavano, allo stesso tempo si era esaurita la rabbia iniziale e non mi sembrava il caso di proseguire, poi è successo qualcosa che non mi aspettavo, un amico mi propone di scrivere sul blog, poi ne arrivano altri ancora, così mi rendo conto che quello spazio non deve per forza essere solo mio, ma collettivo, e piano piano prende corpo l’idea di un progetto dove le parole d’ordine sono lentezza, sobrietà, solidarietà e ironia, declinandole come meglio aggrada a chi scrive, così ecco rubriche culturali, politiche, sociali, disegni, racconti di vita quotidiana, vignette, poesie.
E’ doveroso da parte mia, “presentare” chi in questi anni ha condiviso con me questo lento cammino, anche se per un breve tratto: Rinaldo Belleggia, Guido Bigotti, Cinzia Cambareri, Max Cambellotti, Alberto Celin, Graziano Consiglieri, Tonino Di Bella, Joshua Evangelista, Silvia Facchinetti, Gianfranco Gonella, Loretta Junck, Sara Migliorini, Gregorio Plescan, Gabriele Rissone, Laura Rissone, Umberto Scopa, Enea Solinas, Gian Michele Spartano.
A distanza di undici anni bradipodiario esiste ancora, con una pausa da maggio 2018 a gennaio 2019, a febbraio 2019 finalmente abbiamo aperto un sito tutto nostro, e il progetto continua a crescere, con nuovi contatti, con nuovi autori e chissà dove il lento bradipo ci porterà. Non penso troppo al futuro di bradipodiario, immagino – e me ne allieto – il suo lento progredire quotidiano, ricco di sorprese inaspettate.
Dopo avervi accompagnato attraverso questa particolare storia, è giunto il momento di parlarvi di lentezza, o quantomeno cosa intendiamo noi per lentezza. Sgombriamo subito il campo da eventuali equivoci, nulla a che fare con il menefreghismo, con la pigrizia, con l’indifferenza, per noi la lentezza è uno stile di vita, evitando la sequenza nasci, consuma, crepa.
Il vocabolario Treccani segnala che l’origine latina della parola lentezza deriva da duttilità, flessibilità, termini in cui ci ritroviamo, duttili in quanto propensi all’incontro con l’altro, flessibili in quanto non arroccati su posizioni preconcette.
Alcuni sostengono che la lentezza è un lusso, eppure il nostro cervello è una macchina lenta. Il professor Lamberto Maffei nel suo libro Elogio della lentezza, edizioni Il Mulino, così scrive: Il desiderio di emulare le macchine rapide create da noi stessi, a differenza del cervello che invece è una macchina lenta, diventa fonte di angoscia e di frustrazione. E aggiunge: La netta prevalenza del pensiero rapido, a partire da quello che esprimiamo attraverso l’uso degli strumenti digitali, può comportare soluzioni sbagliate, danni all’educazione e perfino al vivere civile.
Altre sollecitazioni e consigli ci arrivano dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ci dice che abbiamo bisogno di almeno 5mila passi, lenti al giorno.
In questi 11 anni, mi sono reso conto che la parola lentezza ha subito uno sdoganamento, non sempre nella forma giusta, in alcuni casi è diventata una delle tante mode del momento. Al di là delle mode sono nate iniziative interessanti, come la giornata mondiale della lentezza, il 13 maggio, ed è molto attiva l’associazione Vivere con lentezza – www.vivereconlentezza.it – fondata da Bruno Contigiani, con un percorso formativo e una storia professionale lontane dal pensiero lento, ha studiato alla Bocconi, ha lavorato in aziende dove certo la lentezza non è prevista – Ibm, Telecom – e poi ha deciso di dedicarsi alla sua nuova missione. L’associazione suggerisce alcuni “comandamenti” che possono essere utili nel tentativo di affrontare, con piccoli gesti, la battaglia contro la velocità: Se fate la fila, in un supermercato, davanti a uno sportello di banca, in un locale pubblico, non cedete alla tentazione della rabbiosa insofferenza, e approfittatene piuttosto per fare una nuova conoscenza, o ascoltare una storia. Non riempite l’agenda d’impegni, così come non provate a fare sempre più cose contemporaneamente. E non dite mai: non ho tempo.
Luis Sepùlveda in Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, arriva perfino ad attribuire alla lentezza il valore di un comportamento di rottura, di un gesto rivoluzionario: È una nuova forma di resistenza, in un mondo dove tutto è troppo veloce. E dove il potere più grande è quello di decidere che cosa fare del proprio tempo. Non posso che apprezzare e aderire, sono il mio/nostro manifesto politico.
Non serbo rancore verso l’ex collega, grazie a lui ho intrapreso un cammino lento, dove ad ogni passo incontro persone, luoghi, idee, progetti.