di Rossella Rossini –
La crisi comincia a mordere davvero sulla carne degli italiani. Le inquietudini che scaturiscono dall’incertezza economica assumono una dimensione sociale e ancora una volta sono i giovani a pagare il prezzo più alto. Impressionano le previsioni pessimistiche sul futuro. E aumenta la divaricazione fra chi ha tanto e chi ha poco. E’ quanto ci dicono i dati dell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio europeo sulla Sicurezza.
E’ la crisi, oggi, il primo motore dell’insicurezza degli italiani. Grava sul presente e sugli anni a venire, fino a compromettere, soprattutto fra i giovani, l’idea stessa di futuro. Affiorano dalla dimensione economica le immagini più inquietanti dell’Italia 2012 fotografata dal quinto Rapporto dell’Osservatorio europeo sulla Sicurezza (“L’insicurezza sociale ed economica in Italia e in Europa”), realizzato da Fondazione Unipolis in collaborazione con Demos&pi e Osservatorio di Pavia. Nella graduatoria delle paure, le inquietudini collegate al lavoro, ai soldi per vivere, alla pensione, ai risparmi hanno guadagnato la parte alta della lista e colpiscono il 73% degli italiani: sette su dieci, e il dato è cresciuto più di tutti, con un balzo di 10 punti rispetto al 2010. Il senso di insicurezza economica ha dunque assunto una dimensione sociale e l’orizzonte è particolarmente incerto per i giovani, con l’85% del campione che prevede per loro una situazione socioeconomica peggiore rispetto alle generazioni precedenti.
I dati non stupiscono, visto che il 46% degli intervistati si dice direttamente colpito dalla crisi. Nel 19% dei casi, nella propria famiglia è presente almeno una persona che ha perso il lavoro nell’ultimo anno e in più di 1 caso su 3 ha cercato un impiego senza trovarlo; solo il 14% è riuscito a mettere da parte dei soldi, mentre il 56% ha “tirato avanti”. Il 29% ha dovuto spendere i propri risparmi o fare riscorso a prestiti. Il 39% ha ridotto i consumi negli ultimi 10 mesi, dato che sale al 43% tra le famiglie in cui un componente ha perso o ridotto il lavoro. Non meno cupo è il futuro: il 38% prevede un peggioramento del quadro economico nazionale, il 25% si aspetta un peggioramento delle finanze familiari e il 27% un’erosione delle risorse personali. Solo il 18% pensa che il peggio sarà passato entro i prossimi 12 mesi e il 19% che l’Italia ne sarà fuori in 2 anni. Oltre la metà degli italiani teme di finire come in Grecia.
Crescono, al contempo, le diseguaglianze sociali: il 77% degli italiani ha percepito negli ultimi anni un allargamento degli squilibri in termini di ricchezza, al punto che 8 persone su 10 vedono una società spaccata in due: l’Italia di chi ha poco e l’Italia di chi ha molto, un club ristretto, quest’ultimo – appena il 9% degli italiani ritiene di farne parte – e difficilmente accessibile per chi ne è escluso.
Più paura dell’economia fa solo “l’insicurezza globale”, che, pur collocandosi a breve distanza, mantiene il primo posto nella graduatoria. Oggi coinvolge il 76% della popolazione. In testa le preoccupazioni per la distruzione dell’ambiente e della natura (55%), seguite dalla globalizzazione intesa come “l’influenza sulla vita e sull’economia di ciò che capita nel mondo” (46%). Una quota appena inferiore (41%) teme per la sicurezza dei cibi che mangiamo e, in successione, lo scoppio di nuove guerre (33%), terremoti, frane e alluvioni (24%), nuove epidemie (21%).
I dati rilevati nella crescita delle insicurezze sono confermati dalle priorità indicate all’agenda politica: i temi economici per il 68% degli italiani, superato soltanto dalla Spagna con il 90%, tra i cinque paesi coinvolti dal sondaggio. Valori poco distanti per Gran Bretagna (65%) e Francia (64), mentre la Germania si ferma al 48%. Il tema economico è declinato in maniera specifica nelle diverse realtà nazionali. In Italia la disoccupazione si colloca al primo posto: il 36% dei cittadini la indica come il problema più importante da affrontare in questo momento e lo stesso succede in Francia (39%) e, in misura molto maggiore, in Spagna (62%). La graduatoria delle priorità prosegue con la qualità dei servizi, che preoccupa l’11% dei nostri concittadini (ma il 24% delle persone in Germania), la criminalità (4%), l’immigrazione (3%).
Riguardo alle ultime due voci, dal Rapporto emerge che la “paura dello straniero” è calata in misura considerevole. Il 29% accomuna l’immigrazione alla criminalità, contro il 51% del 2007, il 39% del 2008 e il 37% del 2009. Allo stesso tempo, l’immigrato non è visto più come una minaccia per l’occupazione: il dato si ferma al 29% contro il 37% del 2007, il 31% del 2008 e il 35% del 2009. E’ invece in ascesa la paura della criminalità, un fenomeno in aumento per l’85% degli intervistati. Nella scala delle insicurezze, quella legata alla criminalità si colloca al terzo posto, dopo l’insicurezza globale e quella economica, con un valore del 43%, in crescita di 10 punti rispetto al 2010. Si ha paura di essere vittima di un furto, soprattutto in casa o del proprio mezzo di trasporto, di scippi e borseggi, aggressioni e rapine, di un incidente stradale o sul lavoro. I ricercatori collegano l’allarme per la criminalità, tornato ai valori della “grande paura” rilevata tra il 2007 e il 2008, all’aumento dell’insicurezza sociale complessiva e alla “passione criminale” che domina i media, soprattutto televisivi. La televisione italiana si è accorta tardi della crisi. Non intercetta il senso di insicurezza economica della popolazione. Continua a raccontare, come negli anni passati, il romanzo criminale che sembra tanto piacere ai telespettatori. Lo dimostra, con dovizia di dati, la rilevazione condotta su alcune emittenti italiane e di altri paesi Ue dall’Osservatorio di Pavia. Anche se i Tg non sono tutti uguali, con Rai 1 che svetta ai vertici delle classifiche europee, con una media di 3 notizie al giorno legate alla criminalità: 1.173 nel 2011, un valore ben superiore a quelli di Tve (444), France 2 (353), Bbc One (316), Ard (19). Quanto all’attenzione dedicata alle emergenze economiche, Tg3 e TgLa7 hanno dedicato a questi temi circa la metà delle informazioni nell’edizione di prima serata, allineandosi ai principali Tg europei. Diversi i valori di Tg1 e Tg5, fermi al 16%, con Studio Aperto fermo al 7%.
Commentando il Rapporto, Ilvo Diamanti, direttore scientifico di Demos, ha affermato che “il significato della Sicurezza, e del suo reciproco: l’insicurezza, si sono reinseriti nei confini sociali. Un significato – ha aggiunto – principalmente riassunto dall’incertezza economica, dalle paure legate al lavoro, al risparmio, al reddito familiare, al costo della vita e alla pressione fiscale”. La sicurezza, dunque – ha concluso Diamanti – “è tornata ad essere, com’era un tempo, pre-videnza sociale: possibilità di affrontare le incertezze e la precarietà della condizione personale, familiare e sociale, oggi e domani”.