Il 13 Novembre alla Casa dell’Architettura di Roma si è tenuto il secondo appuntamento dedicato alla Qualità della vita; un progetto collettivo – nato dagli intenti di Lib21 con la partecipazione di Next – che intende indagare la Qualità sotto i suoi molteplici aspetti.
Il secondo incontro si è svolto con il patrocinio della Consulta Professione Iunior e della Consulta dei Beni Culturali, quest’ultima interessata all’analisi della città e alla progettazione negli ambiti storici e stratificati.
Il tema Condividere il progetto. Il romanzo della città è nato dalla necessità e dal desiderio di raccontare, decifrare e interpretare lo spazio urbano. Il più delle volte siamo interessati agli edifici; come specialisti di settore studiamo quelli che sono d’autore o che riconosciamo come simbolo della nostra città, perché li identifichiamo come appartenenti al «Made in Italy» e dunque alla nostra cultura in senso ampio.
Gli edifici, grazie alle loro proporzioni e alle relazioni fisiche e compositive, disegnano lo spazio urbano. Le case, assieme agli edifici pubblici e alle emergenze architettoniche, contribuiscono a disegnare lo spazio pubblico dove tracciamo le trame della nostra esistenza.
Non solo gli specialisti e gli studiosi sono chiamati all’esplorazione dello spazio urbano. Proprio per il fatto che esso è luogo pubblico i cittadini ne sono i primi fruitori e i primi progettisti, anche se spesso in modo inconsapevole.
Sono le scelte di tutti i giorni, i nostri attraversamenti e percorsi, il modo che abbiamo di guardare alla città, a tracciare e suggerire le linee di progetto che misuriamo prima con i nostri passi, poi con le proporzioni del nostro corpo. Il luogo pubblico viene delineato anche da tutte le scelte economiche, politiche e sociali compiute dalle amministrazioni. Per questo partecipiamo collettivamente alla scrittura e riscrittura delle pagine che compongono il Romanzo della città.
Come possiamo decifrare un testo così complesso che ha la necessità di essere interpretato non solo per poterlo comprendere, ma anche per trasmetterlo, non esclusivamente alle generazioni future ma a tutti i complessi livelli della nostra società?
Inizialmente una prima proposta: girare dei video partendo da interviste su tre luoghi e altrettante tematiche: Piazza San Silvestro, il Tevere e Roma, Villa Ada. Si tratta di tre temi urbani che concentrano l’attenzione sul ruolo della piazza nella contemporaneità, sul valore del fiume che attraversa la città e sulla connessione con essa, su Villa Ada come luogo pubblico, non solo parco e polmone verde ma grande area paesaggistica in un contesto metropolitano.
Con Dominga Colonna di Officine Zero abbiamo raccolto le interpretazioni e le letture di sei architetti, paesaggisti, studiosi di Roma e militanti nel progetto: Fabio Di Carlo, Monica Sgandurra, Maria Margarita Segarra Lagunes, Valeria Sassanelli, Annalisa Metta e Luca Zevi; alle loro parole abbiamo avvicinato le immagini di come i cittadini utilizzano e vivono questi tre luoghi.
Tutto questo non sembrava sufficiente per provare a leggere qualche pagina del romanzo della città. Servivano ulteriori punti di vista. È per questo che in occasione della tavola rotonda sono stati coinvolti lo scrittore Edoardo Albinati, la semiologa Isabella Pezzini, la giornalista Rossana Livolsi e il regista Amedeo Fago. Ognuno di loro si rapporta alla città in maniera differente anche grazie ai loro mestieri. L’architettura, infatti, per essere compresa ha bisogno di contaminazioni tra diversi campi di indagine, in modo da poter assumere un atteggiamento non solo interdisciplinare ma anche transdisciplinare.
(non) piazza San Silvestro
Il primo video ci ha dato la possibilità di lanciare sul tavolo alcune questioni: l’importanza identitaria della piazza di pietra da reinterpretare come un luogo differente; la possibilità di immaginare la piazza come uno spazio di sperimentazione a cui avvicinare elementi poco usuali, per Roma, ma presenti nelle progettazioni europee.
Ci siamo chiesti di chi sia lo spazio pubblico e di come poter riappropriarci di esso. Un primo passo è forse proprio quello dei concorsi, da vedersi come ambito democratico di progettazione.
La piazza, con tutti i suoi interrogativi, riporta al centro l’individuo, le sue azioni, il nostro modo di percepire e vivere i luoghi.
Albinati è attratto dai contrasti e li studia tramite attraversamenti di soglie, come il carcere di Rebibbia o come i quartieri di Roma sul tram 19. La poesia di Valentino Zeichen Ufficio delle poste di Mario Ridolfi è la lettura con cui lo scrittore ha voluto introdurre il tema delle dissonanze nella città. Le poste di piazza Bologna possono essere viste come un elemento positivo, forse quasi educativo, all’interno del caos cittadino: «Cittadino,/ accecato dagli scatoloni/ di vetro cemento in stereo Style,/ scherma gl’occhi offesi/ e medica la tua vista con le poste di Ridolfi. […]».
La recente fermata della metropolitana di piazza Annibaliano ha reso il luogo straniante, poiché il suo inserimento risulta poco funzionale nel contesto storico e archeologico in cui si trova.
Le spalle al fiume
Il video ha sottolineato il rapporto simbiotico tra il Tevere e Roma che oggi si è perduto poiché il fiume si presenta come una infrastruttura dismessa rispetto al passato in cui era parte del processo produttivo.
L’uso dello spazio pubblico è però spesso imprevedibile e in questo l’arte ci può aiutare per il suo valore di mediazione e grazie alla sua forza coinvolgente, attrattiva e catartica. Il Tevere e Roma, adesso separati dai muraglioni ma anche da una diversa quota, ci suggeriscono di cambiare punto di vista sulla città.
Isabella Pezzini come semiologa si occupa di decifrare i segni mettendo in relazione spazi urbani e abitanti. Il movimento è uno dei temi della città; le azioni dei cittadini ci raccontano come viene vissuto lo spazio urbano. Alcuni esempi sono l’Ara Pacis e il giardino del MAXXI.
L’Ara Pacis si trova in un contesto in movimento perché parte della piazza è stata riqualificata e parte è ancora in attesa di progetto. Nonostante questo il luogo è un punto di riconoscimento nella città, sia da parte degli abitanti, sia da parte dei turisti. Inoltre ha il compito di essere una vetrina culturale della storia inserita nella contemporaneità.
Il giardino del MAXXI è stato invece adottato dai bambini che lo hanno scelto come luogo dei giochi e delle scoperte.
La responsabile bellezza dell’essere
Il video riporta al centro il tema della Qualità della vita, legata alla conoscenza di tutte le diverse e molteplici identità che ci appartengono. Da una parte il cittadino e dall’altra le imprese che possono insieme ridare un nuovo significato al termine «luogo comune» come patrimonio di tutti, grazie a un atto di responsabilità volto al raggiungimento della bellezza come portatrice di etica e di valore.
Rossana Livolsi, che come giornalista racconta fatti urbani e vita vissuta, con il compito di mediare la realtà, ci ha parlato dei reali limiti per poter avere una buona qualità della vita. La qualità è legata al modo in cui possiamo vivere lo spazio urbano e pubblico: il più delle volte vi sono enormi difficoltà date dal fatto che le regole non vengono rispettate, anche su aspetti apparentemente di minor rilevanza. Ad esempio spesso ci troviamo di fronte all’appropriazione indebita dei luoghi, come accade con i camion bar, immagine di sfruttamento e degrado delle nostre città.
Amedeo Fago, che ha diretto per molti anni il Politecnico di Roma, ha voluto raccontare di come quella esperienza sia nata da una visione degli spazi che immediatamente gli hanno dato il suggerimento di poter creare un luogo di lavoro comunitario, coinvolgendo artisti, architetti, registi e persone poliedriche che si sono impegnate alla creazione di un progetto comune.
Questa prima sperimentazione ha fatto emergere l’importanza della condivisione dei saperi e di quanto la città abbia bisogno di una lettura percettiva e dei significati, infatti la sua continua trasformazione mette in atto processi di ridefinizione delle discipline che la studiano.
Il processo di partecipazione del cittadino alla progettazione è essenziale per tener conto dei suoi bisogni e delle esigenze specifiche legate al territorio. Non deve però diventare un alibi per evitare di affrontare la responsabilità di progetti e proposte che sappiano immaginare e disegnare un futuro che vada oltre le aspettative legate esclusivamente alla tradizione.
(*) Fotografie di Matteo Nardone