Giovani protagonisti nei territori
di Rossella Rossini –
Una ricerca di Cittalia-Fondazione Anci sfata il mito della disaffezione giovanile alla cosa pubblica. I giovani tra 18 e 35 anni s’impegnano a livello locale, partecipando alla vita politica e svolgendo attività di volontariato. Nei piccoli Comuni il 70% degli eletti ha meno di 35 anni
“La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Così cantava Giorgio Gaber alla fine degli anni ’60. Ma qual è il rapporto tra giovani e partecipazione, in un Paese dove l’assenza di ricambio generazionale è uno dei dati più allarmanti e nelle classi dirigenti solo il 3% ha meno di 40 anni? La politica non consente l’accesso e non favorisce la partecipazione giovanile, o siamo in presenza di generazioni disinteressate? In Italia, i giovani di età compresa tra 18 e 35 anni sono 13,3 milioni, il 27% della popolazione maggiorenne. Secondo le fotografie restituiteci dal Censis, la maggior parte di loro vive intrappolata nell’immobilità del Paese, in un confuso stato di attesa, sospesa tra preoccupazione e dipendenza, senza strumenti per costruire il proprio futuro. Ma a dispetto di tutto, in un’epoca di paure e incertezze, emerge anche che i giovani, nelle difficoltà legate al mercato del lavoro e alla ricerca di autonomia dalle famiglie di origine, partecipano attivamente alla vita comunitaria, impegnandosi nella politica locale, nel volontariato, nei comitati cittadini. La “svolta” sta nella dimensione territoriale, con i Comuni, soprattutto piccoli, percepiti come istituzioni aperte grazie al diverso sistema elettorale, luogo principale della partecipazione alla vita politica (per il 90% dei giovani), ente più vicino ai cittadini e ai bisogni concreti della gente (74%), mentre il 60% li ritiene motore della modernizzazione del Paese.
A mettere in risalto questo protagonismo generazionale nei territori, che sfugge al dibattito generale ed è svolto nel quotidiano, nelle periferie delle grandi città o nei borghi, a nord e a sud del Paese, è una ricerca realizzata da Cittalia Fondazione Anci, il centro studi dell’associazione dei comuni italiani, su richiesta del Forum Nazionale dei Giovani. La ricerca (“Guardo al futuro. I giovani tra partecipazione politica e governo locale”) evidenzia l’impegno sociale e civile dei più giovani: il 30% dei ragazzi e ragazze nella fascia di età tra 18 e 24 anni si dedicano al volontariato e salgono al 34% dai 25 ai 34 anni, per un totale tra gli under 35 oltre il 60%. Il 68% si dichiara interessato a partecipare direttamente alla vita politica del proprio comune, il livello amministrativo in cui si concentra maggiormente l’impegno dei più giovani in politica: sono oltre 26mila gli amministratori con meno di 35 anni eletti a livello locale, in crescita costante e oggi pari al 21,2% del totale (18% nel 2008). Percentuali ben lontane dai dati nazionali, dove negli scranni della Camera i deputati con meno di 40 anni sono 54, poco più dell’8%. I giovani amministratori, concentrati soprattutto nei piccoli comuni con meno di 5mila abitanti, dove ben il 70% degli eletti ha meno di 35 anni, sono consiglieri nel 76% dei casi, a conferma della natura di volontariato civico e palestra politica attribuita alla scelta partecipativa; assessori nel 19,5%, contro il 3% di giovani eletti che ricoprono la carica di vicesindaco e il 2% quella di sindaco. I sindaci under 35 sono 500. Di questi solo 74 sono donne, pari al 15%. Ma sul totale degli amministratori la partecipazione giovanile femminile è più marcata di quella maschile: 30,4% contro 19%, un dato peraltro ben lontano dal 21 e 18% di presenza complessiva femminile alla Camera e al Senato. Riguardo alle fasce anagrafiche, il numero degli incarichi tende a diminuire in modo direttamente proporzionale all’età, anche se non mancano giovanissimi nati negli anni ’90: 215 consiglieri, 8 assessori e 1 vicesindaco.
Altri dati sfatano il mito della “disaffezione” giovanile alla cosa pubblica. Il 53% di giovani tra 18 e 24 anni e il 47% tra 25 e 34 anni definiscono necessario prendere parte alla vita politica e sociale del proprio territorio. Tra i canali della partecipazione, dopo volontariato e amministrazione pubblica, si collocano partiti politici, sindacati, ordini professionali e associazioni di categoria.
I risultati dell’indagine Cittalia in parte divergono, ma in parte li confermano, anche dai risultati di altre fonti, oltre il già citato istituto del professor De Rita. Una ricerca di Eurofound sulla condizione giovanile nei 27 paesi Ue suona il campanello d’allarme sullo stretto legame tra il crescente fenomeno dei Neet (Not in employment, education or training, giovani che non lavorano e non studiano, con l’Italia che svetta al secondo posto superata soltanto dalla Bulgaria) e la disaffezione dei giovani dalla vita politica, civica e associativa. Ma il volontariato sembra tenere. Lo ha confermato la VI Conferenza nazionale del volontariato, “Solidarietà a km zero”, svoltasi a L’Aquila dal 5 al 7 ottobre 2012. Mettendo in luce la divergenza delle cifre a seconda delle fonti e dei criteri di rilevazione (4,8 milioni i volontari “potenziali” che le organizzazioni sono in grado di mobilitare secondo l’Istat; 650.000 i volontari attivi secondo la Fivol; 7,8 milioni di euro il valore economico annuo del lavoro svolto per 702 milioni di ore prestate secondo Istat e Cnel), la Conferenza ha confermato l’aumento dell’impegno di giovani sotto i 30 anni (da 8,3% nel 2001 a 12,5% secondo Fivol), sottolineando anche la crescita di un “volontariato nuovo, informale, lontano dalle istituzioni, difficile se non impossibile da censire”. Riguardo alle cifre, qualche certezza in più verrà dall’Istat che, per la prima volta in Italia, ha adottato il manuale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) per la misurazione del volontariato e sarà in grado, già dal 2013, di quantificarlo non solo sotto gli aspetti numerici, ma anche come capitale sociale ed economico. Quanto alla partecipazione giovanile ad altre forme d’impegno civico e alla vita politica, gli esiti dell’indagine Cittalia non devono stupire se letti nella chiave di lettura della “relazione”, collante che distingue le comunità territoriali dal rapporto di avversione verso i grandi centri istituzionali di potere oggi prevalente nel nostro Paese.