Nel bel Paese i numeri sono di gran lunga i peggiori sul pianeta
di Nicola Trnfaglia –
L’evasione fiscale, insieme con il sistema delle rendite, con la corruzione e con il clientelismo, sono i cancri che divorano l’Italia e ne stanno determinando il declino economico e sociale. Non si esce dalla crisi, che è crisi di sistema e non di congiuntura, senza trovare la forza morale e politica per affrontare questi nodi.
Un progetto promettente sembra per ora, a leggerne un’anticipazione che appare su un quotidiano milanese, e che è frutto di Rossella Orlandi, 57 anni che occupa da poche settimane lo studio dell’ottavo piano dell’Agenzia delle Entrate, dopo Attilio Befera. I numeri dell’evasione fiscale nel bel Paese sono di gran lunga i peggiori sul pianeta. Se in Irlanda i numeri parlano del 3,3 per cento, in Francia del 3,9 %.,in Svezia del 4,7 %,negli Stati Uniti 5,3%, in Spagna del 9,5%,nel Regno Unito del 6.7% e del Spagna del 9,5 % e nel Messico dell’11% ,in Italia balzano al 17,4%. I numeri generali sono impressionanti (620 miliardi di euro sono i crediti da riscuotere in carico a Equitalia al 31 dicembre 2013 e 350 miliardi derivano da accertamenti già compiuti, per non parlare dei duecento miliardi di euro nascosti dagli italiani nei vari paradisi fiscali all’estero) e vanno raccontati ai lettori: su 120 miliardi di euro evasi in un anno soltanto 12 o 13 vengono recuperati dal Fisco.
Ci sono nella penisola cinque milioni di contribuenti a rischio di evasione e se si legge una mappa che rappresenta in tutta la penisola il rischio di evasione si scopre qualcosa che i profondi conoscitori della nostra storia non si stupiscono di trovare. La cartina della penisola ha un’alta pericolosità fiscale nell’Italia centrale (Lazio e Molise), meridionale (Campania e Puglia), quindi nelle regioni estreme (Basilicata, Calabria e una parte rilevante della Sicilia. Se si tiene presente il fatto che proprio in quelle regioni di cui parliamo hanno la propria roccaforte le associazioni mafiose più rilevanti del Paese, ci rendiamo conto della connessione che c’è qui da noi tra il reato grave dell’evasione fiscale e la forza, a quanto pare, sempre più rilevante del fenomeno mafioso, diffuso peraltro ormai in tutto il pianeta). Per fortuna, leggendo con attenzione l’intervista che Rossella Orlandi ha concesso a un quotidiano romano, si ha la sensazione che il neodirettore dell’Agenzia delle Entrate si sia resa conto della partita complessa che regola il meccanismo della tassazione diretta e indiretta nel nostro Paese.
La dr. Orlandi, oltre a chiedere (e secondo chi scrive ha ragione) termini di prescrizione un po’ più lunghi (qualcuno ricorderà che fu il capo dei populisti italiani a intervenire con le sue leggi ad personas per accorciare in un baleno molti termini di prescrizione) ma è abbastanza chiaro ormai che, fin quando non arriveremo all’auspicabile riforma dell’organizzazione della pubblica amministrazione, non riusciremo in nessun modo a conseguire un simile, pur auspicabile risultato. Quanto al futuro, l’introduzione l’anno prossimo della dichiarazione dei redditi precompilata potrà rivelarsi una utile semplificazione e in molti casi le dichiarazioni non dovranno neppure essere integrate.”Molti italiani -ha dichiarato con ottimismo – il neo direttore dell’Agenzia – si sentiranno finalmente “liberi dalle tasse” con l’aiuto dei Caf e dei commercialisti, peraltro. Vero è che l’evasione fiscale è diventata in più di cento cinquant’anni di storia nazionale una sorta di tradizione negativa che non si è mai interrotta e che è difficile che possa esserlo proprio in questi anni di difficoltà e di grave crisi economica ma non vorrei in questa occasione far mostra di pessimismo. Sono convinto infatti che se il Fisco italiano mostrerà di fronte ai contribuenti di credere alla loro buona fede e di imporre imposte adeguate ai redditi reali, le cose potrebbero migliorare.
Tratto da Nicola Tranfaglia