Qualità della vita e qualità del lavoro
Se chiedi oggi ad un precario che finalmente ha trovato un po’ di lavoro qual è la qualitá del lavoro trovato ti risponderà un po’ infastidito “è lavoro, sono soldi”…..ben pagato o no. quasi sempre in nero, è comunque lavoro.
Ormai il lavoro si rapporta direttamente al denaro, la qualitá del lavoro, la qualità della vita che quel lavoro permette è questione secondaria. Si aspirava un tempo a “fare quel lavoro per cui ho studiato”; oggi ogni lavoro in un call center o a scaricare camion, fare traslochi o fare la baby sitter, “è lavoro” per tirare avanti. Scriveva Huizinga (citato da Marco Favilli sul Manifesto del 3ottobre 2013): “Quanto piú la disperazione e il dolore gravano sul torbido presente, tanto piú si fa intensa la bramosia che spinge verso il sogno di una vita piú bella”. Quanto incide la qualità del lavoro sulla qualità della nostra vita sembra ormai questione secondaria; la divisione del lavoro nell’economia globale, la scarsità di lavoro rispetto alla domanda di lavoro, tende a distruggere il sogno di una vita più bella a partire proprio dalla distruzione della speranza di una qualità del lavoro. Penso che dobbiamo coltivare questa intensa bramosia che ci spinge a rivendicare di fronte a questo “torbido presente” il diritto a costruirsi una vita piú bella proprio a partire non solo da un diritto al lavoro, ma da un diritto alla qualità del lavoro e, di fronte a un mercato che sempre piú ha interesse a ridurci all’accettazione di qualsiasi lavoro, dobbiamo ritrovare la capacità di riprogettarci la qualità del nostro lavoro, e produrlo questo lavoro di qualità e farcelo pagare…
Si dice che in Italia ci sono 25 milioni di stanze vuote, e che mancano oggi 700mila alloggi popolari, dalle 30 alle 40 mila sono le case popolari esistenti, ma che non si possono affittare perché in condizioni troppo precarie. A Milano il meglio dell’architettura internazionale, da Libeskind a Stefano Boeri, costruisce case di lusso in vendita a circa 10 mila euro al mq, che non ci è dato sapere se sono già vendute o non riescono a venderle, quello che vedo e so è che le gru del bosco verticale di Stefano Boeri ormai da quasi due hanni sono ferme, il bosco vegeta rigoglioso sulle terrazze del secondo e terzo piano, le terrazze degli altri piani sono ancora senza bosco…. forse il bosco nelle terrazze si piantuma solo ad appartamento venduto. Quando?
Scrive Salvatore Settis in “Paesaggio Costituzione e cemento” che l’Italia ha il piu basso tasso di crescita demografica d’Europa e contemporaneamente il piú alto tasso di consumo di territorio. Rinunciamo a sognare di poter costruire il nuovo, avrà sempre meno mercato e meno senso. Le occupazioni dei molti vani vuoti ci fanno inequivocabilemente capire che è la riqualificazione del già costruito non utilizzato la soluzione del problema e il compito fondamentale del progetto oggi. Mettiamo allora insieme l’eccezionale esperienza del Teatro Valle con l’altrettanto eccezionale e premiata con un leone d’oro dalla biennale di Architettura di Venezia, occupazione della Torre David a Caracas… Come nella Torre David un gruppo di architetti parteciparono a quella esperienza e la documentarono attraverso fotografie e filmati, convinti che in quella esperienza si potevano trovare le molte indicazioni necessarie per ripensare radicalmente la nostra professione di progettisti. Analogamente potremmo immaginare che le molte occupazioni di case vuote, edifici pubblici vuoti, fabbriche dismesse vuote, siano non solo l’occasione della rivendicazione del diritto fondamentale ad avere una casa dove abitare, ma anche l’occasione dell’altro diritto fondamentle che è avere un lavoro di qualità e un luogo dove lavorare cioè legare sempre piú strettamente il bisogno di abitare al bisogno di un lavoro di qualità che dia senso alla nostra attitudine di progettisti, con o sensza laurea, ma solo in quanto soggetti propositivi e pensanti, che cercano non solo lavoro in cambio di denaro, ma un lavoro che abbia la qualità riconosciuta di una utilità sociale del nostro progettare. Chi paga questo lavoro con quella qualità?… Di fronte alla disperante mancanza di lavoro, ridotti a qualsiasi lavoro per sopravvivere, molti giovani progettisti magari al dopocena, si ripensano autoproduttori, e come i lavoratori del teatro si sono presi un luogo dove valorizzare il loro lavoro fino a vedere istituzionalizzato questo luogo e le attività che lì si svolgono, possiamo immaginare che i molti progettisti senza casa, senza la possibilità di pagarsi uno studio e le attrezzature e macchine necessarie per autoprodurre, diventino parte attiva di questa strategia di appropriazione della casa e insieme del lavoro. Immaginiamo che i progettisti senza studio e alle volte senza casa, insieme agli artigiani ormai senza laboratorio, insieme a autoproduttori, maker, hobbisti del fai da te, senza laboratori e macchinari, ma anche precari senza qualifica, ma interessati solo a un contesto di lavoro che semplicemente gli ridia dignità, partecipino con la qualità del loro lavoro dentro gli edifici occupati non solo alla riqualificazione dei vani vuoti per renderli abitabili, ma come è già stato fatto alla Torre David, realizzino anche studi, laboratori, magari anche FabLab, con l’aiuto di qualche artigiano che ha chiuso e che ha macchinari ormai vecchi, che nessuno compra, e cosi si potrebbe ridar vita e utilità sociale a interi spezzoni di apparato produttivo, e competenze ormai ridotti a scarti abbandonati come i vani vuoti. Non è giusto prenderli, ridargli vita per autocostruirci i nostri progetti? E ancora chi paga? Se organizziamo nelle case occupate, nelle molte caserme, edifici pubblici, fabbriche vuote, il nostro miniapparato produttivo dove insieme progettiamo, produciamo, dobbiamo poter anche vendere. Si venderanno i biglietti dei prossimi spettacoli del teatro al Valle? Vendiamo in mostre mercato, dibattiti, feste, cene, iniziative culturali fatte negli edifici occupati e anche in perfetta sinergia in piattaforme su internet, il nostro riconquistato piacere del lavoro. Di più, socializziamo la nostra competenza e capacità e qualità di lavoro e quindi organizziamo corsi, workshop, pratiche di atelier didattico, magari utilizzando i molti giovani universitari frustrati da anni di lavoro gratuito nelle nostre università, fregati dalla speranza ormai sempre più inesistente di un qualche contratto di lavoro. In fin dei conti l’hanno già fatto gli attori, i cantanti, i registi, i lavoratori del Teatro Valle, possiamo farlo anche noi docenti senza stipendio, progettisti, di merci, case, città, ormai senza lavoro, possiamo costruire una rete di occupazioni interconnesse e attrezzate per produrre merci nobili, pulite, ecologicamente ineccepibili, fare una rete in ogni città, cambiamo e insegniamo a cambiare, così col nostro lavoro, le nostre merci e le cittá che abitiamo. I GAS (Gruppi di acquisto solidale) hanno contribuito a promuovere la bioagricoltura e una diversa cultura alimentare, come loro noi possiamo cambiare la merce e una diversa cultura dell’abitare e del produrre, loro come noi come i lavoratori del teatro, dobbiamo convincerci che la qualità della nostra vita dipende moltissimo anche dalla qualità del lavoro, e se chi controlla l’apparato produttivo vuole solo lavoro, noi vogliamo vendere in solidarietà con chi sa apprezzarlo, lavoro di qualità.