di Salvatore Aprea –
Mentre le autorità del nostro Paese sono riuscite negli ultimi mesi a baloccarsi e filosofeggiare con un irrealistico programma per la costruzione di un parco di nuove centrali nucleari di terza generazione (referendum a parte, verrebbe da chiedersi come avrebbero fatto a reperire capitali pubblici, stante la desolante quanto affannosa tripla manovra finanziaria cui è costretto il governo da luglio…), altrove sul futuro uso e approvvigionamento delle fonti energetiche stanno operando diversamente. Nel settore trasporti, ad esempio, governi ed operatori privati stanno lavorando per anticipare le stime dell’Ue che indicano nel 2050 l’anno in cui il parco auto non sarà più alimentato con combustibili fossili, ma elettricamente.
Il responsabile per la Ricerca e la Tecnologia del gruppo energetico tedesco E.ON, Klaus Dieter-Maubach, con il consueto pragmatismo germanico, ha recentemente dichiarato a proposito delle stazioni di ricarica per auto elettriche: “Le stazioni di ricarica attraggono i clienti e i fornitori di energia solo se garantiscono rapidi tempi di ricarica. Stiamo pertanto proseguendo la ricerca in questa direzione con particolare interesse.” La E.ON -uno tra i più grandi gruppi energetici al mondo, con oltre 85.000 dipendenti in più di 30 Paesi e un fatturato di 92,9 miliardi di euro nel 2010- è già passata alla fase di test e nei giorni scorsi ha completato l’installazione della prima stazione di ricarica veloce per auto elettriche sull’autostrada A8 all’uscita di Irschenberg, in Baviera, nel sud della Germania. Diversamente delle stazioni di rifornimento a corrente alternata utilizzate finora, che impiegano circa sei ore per ricaricare completamente una batteria di 3,5 kW, queste stazioni sono in grado di ricaricare le auto elettriche in 20-30 minuti, con una capacità di ricarica fino a 50kW. Inoltre l’elettricità utilizzata in queste stazioni sarà generata esclusivamente dagli impianti idroelettrici del gruppo tedesco. Per il futuro, però, la E.ON ha obiettivi più ambiziosi, puntando a sviluppare stazioni di ricarica pubbliche rapide quanto quelle per i rifornimenti di benzina, ovvero in grado di ricaricare le auto in pochi minuti. La diffusione delle auto elettriche, però, non attira soltanto l’interesse delle grandi aziende, ma anche quello di governi lungimiranti. La Danimarca ha già avviato un progetto per l’installazione di 900 colonnine distribuite in tutto il Paese per il rifornimento di energia elettrica.
A tal proposito di seguito si riporta un breve articolo a firma Domenico Naso, pubblicato il 23 agosto scorso da Il Fatto Quotidiano, dedicato alla Danimarca.
Auto elettriche, come la Danimarca si prepara a un mondo senza petrolio
Di tariffe flat ce ne sono tante: da Internet ai cellulari, è tutto un fiorire di offerte un tanto al mese per usufruire senza limiti di questo o quel servizio. Ma è in Danimarca che l’asticella del prezzo fisso mensile si sta spostando molto più in alto. È già partito, infatti, un progetto molto ambizioso che riguarda l’utilizzo delle auto elettriche: 400 euro al mese, libertà assoluta di “ricaricare” la vettura in soli trenta minuti, e poi via, liberi di scorazzare senza limiti sul territorio danese. Se gli studi più attendibili parlano di un abbandono delle auto a carburante entro il 2050, a Copenaghen pare abbiano deciso di anticipare (e di molto) i tempi. Il progetto, affidato alla società californiana Better Place, prevede la realizzazione di 900 aree rifornimento sparse sul territorio nazionale (1 ogni 48 chilometri quadrati, viste le dimensioni non certo ciclopiche del paese nordico).
Il progetto era partito già nel 2009, nello scetticismo generale. Allora, persino il New York Times parlava di piano rischioso e di scarse probabilità di successo. Ma, due anni dopo, le cose sembrano essere andate diversamente: le nuove colonnine saranno pronte a breve e il governo danese è fortemente motivato a continuare su questa strada.
Il problema, semmai, è di altra natura: per adesso l’unico modello di automobile compatibile con le infrastrutture della Better Place è il Fluence ZE della Renault, il ché, ovviamente, comporta qualche dubbio sulla libera concorrenza e la libertà di scelta dei cittadini.
Le resistenze sono molte, ma non certo in terra danese. Le case automobilistiche non sembrano ancora pronte a rischiare una via che, nonostante appaia ancora prematura, non può essere che l’unica percorribile nel mondo senza petrolio di domani. E se aggiungiamo l’opera di lobbying delle majors petrolifere, il dado è tratto: non si lascerà nulla di intentato pur di boicottare un progetto come quello danese che per primo metterebbe seriamente in discussione la dipendenza dai carburanti fossili.
In Italia, manco a dirlo, di auto elettriche si parla poco e male, mentre i progetti operativi dell’autorità in materia di energia elettrica vanno a rilento: sono sul tavolo cinque progetti pilota per la realizzazione di oltre mille stazioni dedicate alla ricarica delle automobili, da distribuire in nove regioni. Italia, 60 milioni di abitanti, mille nuove aree di rifornimento entro il 2015. Danimarca, 5,5 milioni, 900 nuovi punti ricarica entro la fine di quest’anno. Nonostante tutto, però, c’è del verde in Danimarca. E prima o poi toccherà seguire l’esempio che viene dal nord Europa.
Tacito e il futuro
Dunque mentre in Europa ci sono soggetti privati e pubblici con un occhio al presente e l’altro al futuro, questo Paese sembra da tempo immemore concentrato solo a scrutare il proprio ombelico. Eppure qui più che altrove abbiamo assoluto bisogno di riacquistare competitività sui mercati e lo sviluppo tecnologico è una leva di cui non possiamo fare a meno. Inoltre ricerca scientifica e sviluppo del settore delle rinnovabili potrebbero contribuire alla crescita dell’occupazione e dell’economia e quindi sarebbe opportuno stimolare gli investimenti italiani e soprattutto stranieri. Ciò che sta avvenendo in questi mesi invece è l’esatto contrario. L’eliminazione del Terzo Conto Energia e la sua sostituzione con il Quarto nel fotovoltaico – riducendo in corsa gli incentivi previsti, pur riconoscendo la loro eccessiva generosità – e la proposta di applicare la Robin Hood Tax a tutte le imprese energetiche, incluse reti e rinnovabili, produce come unico effetto quello di accrescere l’incertezza sugli sviluppi futuri delle rinnovabili, disincentivando qualunque investimento. La continua modifica delle norme o la frequente “minaccia” di farlo disorienta il mercato. Il punto è che da troppo tempo stiamo scontando il deficit di due indispensabili “materie prime” tra le altre: competenza e lungimiranza. Diceva lo storico e senatore romano Tacito “Corruptissima republica plurimae leges” ovvero il legiferare assai è dei governi corrotti. Troppe volte ci si è infischiati del bene comune. Ora, se vuole ancora costruirsi un futuro – ovviamente non solo energetico – questo Paese non può più permetterselo.