Ninfa: anello di congiunzione tra Monti Lepini e Pianura Pontina
«Ninfa, la leggendaria città rovinata, mezzo sepolta nella palude, con le sue mura, le sue torri, le sue chiese, i suoi chiostri e le sue case coperte di edera» (Gregorovius)
Il testo di Gregorovius ci trasmette uno sguardo sulla città di Ninfa che nel tempo si è consolidato nell’immaginario comune come quello di un luogo romantico.
Le rovine sintetizzano quel concetto di sublime di cui G.C. Argan ci parla nelle sua Storia dell’arte moderna e che, come categoria dell’arte, non troviamo nei paesaggi dei Monti Lepini, che al contrario corrispondono alla categoria del pittoresco.
Allo stesso tempo l’insieme del complesso monumentale di Ninfa ci trasmette l’immagine di una natura madre e matrigna. Infatti la bellezza della natura è qui la madre che ci accoglie e ci fa sentire parte di un paesaggio universale, essa è anche matrigna nel momento in cui la percepiamo come forza distruttrice che si impossessa dei luoghi sino a trasformarli.
Ninfa assume il ruolo di anello di congiunzione tra il territorio montuoso dei Monti Lepini e quello pianeggiante della Pianura Pontina proprio per la sua essenza di luogo di acqua e di terra, elementi principali di questo paesaggio.
All’interno del percorso territoriale scaturito dal progetto pilota delle Passeggiate fuori porta risultava necessario cercare un legame tra i Lepini e la Pianura Pontina, che si osservano in un rapporto diretto e continuo. Ninfa è il luogo che riassume questo rapporto e che lo fortifica per la sua posizione, per la continuità degli elementi quali l’acqua e la terra che qui, nella loro unione e vicinanza, assumono il ruolo aulico di giardino, oltre che per i legami storici di lungo periodo con i Caetani, signori di castelli e di città.
Immagini di città
La lettura urbana di Ninfa è stata una preziosa occasione per riscoprire la sua immagine, al di là delle nostre precedenti visite e dei ricordi. La sua essenza tranquillizzante si è presto dissolta una volta entrati all’interno del complesso.
La prima riflessione è proprio sull’immagine della città: luogo oggi in rovina, un tempo florido centro pulsante di vita in cui gli abitanti si muovevano conducendo le proprie attività quotidiane. Di questa vita passata non rimane che una pallida eco, tanto flebile eppure con una forza straordinaria: la natura rigogliosa ed esuberante contrasta e rafforza contemporaneamente l’immagine di questa nostra Pompei del Medioevo. Ninfa è certamente un luogo dello spirito dominata da un paesaggio romantico come tratto qualificante ed elemento strutturale; principalmente la pensiamo e la cataloghiamo come luogo della natura. Una natura che appartiene al disegno creativo degli eredi Caetani, dunque addomesticata nella sua rigogliosità.
Accanto a questa percezione comune avanza l’immagine e la forza della civitas, quella cioè di un luogo istituzionale al centro delle lotte di potere che coinvolgono il territorio a cui appartiene; di una città che gode di una posizione favorevole, con gli elementi della vitalità: l’acqua che viene dai monti verso pianura, la vicinanza con il mare, la protezione dai venti grazie alla corona protettiva delle sinuose montagne dei Lepini.
Il racconto che si dipana davanti agli occhi è quello di un luogo reale, non più incantato. Una città che, proprio per la posizione e per le qualità che ne favoriscono il ruolo di polo economico, mette a frutto con l’industria del tempo le peculiarità del luogo (pensiamo ai mulini e a tutte le attività che derivano da questo sistema produttivo).
Tra i poli più significativi di questo luogo, di cui non esiste una pianta della città medievale, anch’essa ancora poco documentata: il castello, il municipio e la chiesa di Santa Maria Maggiore.
Le emergenze architettoniche erano, al tempo, simbolo del potere feudale, dell’amministrazione cittadina, mentre l’edificio di culto più importante rappresenta l’influenza ecclesiastica. Essi sintetizzano la complessità della storia territoriale, quella di una città che si trova nel mezzo delle vicende signorili e vicina all’influenza di Roma.
Ciò che oggi vediamo come rovine e che ci appaiono come emergenze, nel periodo medievale erano parte integrante di un tessuto modulato dalle case d’abitazione, che immaginiamo di legno e che si integravano nel sistema cittadino grazie ai percorsi viari.
Successiva a questa città di legno e di pietra, nel tempo della storia si è formata una città di pietra, con murature in tufelli che indicano una nuova ricchezza che ha inciso nella trasformazione della città murata.
Il continuo e persistente rapporto tra la natura e la rovina pongono al centro una seconda riflessione che interessa il fragile equilibrio tra questi elementi e che si collega alle tematiche della conservazione e della tutela.
Un problema e una risorsa allo stesso tempo.
Conservare e tutelare la natura creata dall’uomo, che con la sua forza dirompente entusiasma i visitatori e costituisce l’apparente maggiore attrazione del giardino di Ninfa, si pone accanto al necessario bisogno di ricerca, di comprensione e di conoscenza dell’apparato di tutta la città di Ninfa.
Due anime in un unico corpo che oggi creano l’essenza e arricchiscono la storia di questo luogo.
La questione sul tavolo è come pacificare l’immagine romantica con quella stratificata della storia. Non esiste in questo momento una chiara soluzione, semmai una o più strategie da mettere in atto che possono partire da una fruizione che integri questi aspetti, unendo a sua volta i molteplici significati di tutela e conservazione sino a trovare un significato nell’equilibrio delle diverse discipline.
Infine il nuovo ingresso a Ninfa, progettato dall’architetto Ferruccio Pantalfini, ha il merito diavviare un discorso su questo tema. Il suo progetto è composto da tre parti: l’ingresso, la grande copertura e la piazza interna. Sono luoghi in cui trovare ordinatamente il ristoro dell’ombra, godere del riposo e riflettere sulla visita a Ninfa.
La componente più interessante è proprio la piazza interna, composta da stanze abitate con i primi servizi per il visitatori (un piccolo book shop, un fioraio, uno “stallo” per le guide). Sono stanze aperte e leggere, permeabili alla vista e perfettamente integrate nel luogo.
Dal paesaggio, alla storia della città, alle problematiche di tutela: il complesso di Ninfa permette di aprire un dibattito anche in merito al ruolo dell’architettura contemporanea, alla sua funzione e integrazione nel paesaggio.