di Dafne Chanaz –
Negli scorsi mesi vi ho coinvolti in preparazioni difficili e laboriose come la marmellata d’arance o la gassosa di fiori di sambuco. Quest’estate invece vi propongo un dossier più lungo a più leggero attraverso un viaggio nelle Cicladi, con delle ricette facili facili ispirate al luogo. Potrete riprodurle a casa per nostalgia delle vacanze oppure tenervele strette come repertorio per mangiare sano e locale e stupire gli amici durante il vostro prossimo viaggio in Grecia
Un viaggio gastronomico leggero nella luce abbagliante e nel vento della Cicladi
Grammatiche culinarie
Posto che vai, lingua che trovi. Le diversità di lingue e dialetti sono tante quanto le diversità tra le grammatiche culinarie. Su questo pianeta, ogni monte ed ogni vallata, ogni deserto ed ogni zona costiera che sia stata colonizzata da onnivori di razza umana, ha sviluppato nel tempo una propria sovrastruttura fatta di rituali che “civilizzano” piante ed animali per renderli adatti al consumo sociale.
Lo spirito del luogo si è intrecciato ovunque con i bisogni dei suoi abitanti per formare la “cultura” locale. Non a caso il linguaggio scritto e l’agricoltura nacquero contemporaneamente in epoca sumera. In ogni luogo la specificità dei climi, dei paesaggi, della flora e della fauna ha risalito i campi semantici essudando il proprio carattere nella lingua, nelle intonazioni e nei gesti. Ha ispirato le tecniche di caccia, raccolta, pastorizia nomade e stanziale, agricoltura e silvicoltura plasmando la forma stessa del pensiero. Ed ha prodotto elisir di civiltà incarnati dalle diverse culture gastronomiche, poiché il raggiungimento di un pasto equilibrato che sostenga sia il corpo che lo spirito era in fin dei conti il motore primo e lo scopo ultimo dell’intero processo di dialogo tra noi ed i luoghi.
Le culture gastronomiche locali fondano la loro grazia sulla coscienza del limite. Sulla scoperta delle risorse segrete di ogni pezzo di natura. Sull’intuizione di far interagire tra di loro queste risorse, per trascendere in qualche modo il limite stesso: se il clima è caldo si useranno erbe e spezie in abbondanza per garantire la buona conservazione dei cibi badando al contempo che le spezie scelte per ogni alimento si sposino in modo squisito con esso. Si andrà via via scoprendo come l’equilibrio di sapori e la complementarietà sul piano nutritivo e biologico vanno di pari passo. Nascerà quella danza a tre che forma la gastronomia attraverso l’interazione di tre personaggi:
i sensi del gusto e dell’odorato
il senso della misura nella quale ogni derrata è disponibile, indotto dall’esperienza agro-silvo-pastorale sul campo, unito alla necessità di conservare alcuni cibi per far fronte ai periodi di scarsità
la funzione privata e sociale delle cuoche e dei cuochi quali garanti della salute dei commensali, esperti di medicina preventiva, ed invisibili direttori d’orchestra di quel rituale che è il convivio, dove si gioca una parte importante della mediazione del vivere insieme.
A Serifos si conserva il formaggio col timo, si cuoce la carne col vino, si insaporiscono le zucchine con la finocchiella….. Sono arrivata una settimana fa sull’isola. Conosco da 20 anni questo sputo di terra cicladica nel mare egeo. Non ho fatto subito un salto al supermarket a comprare 3 pacchi di pasta Barilla, due barattoli di passata e del parmigiano in busta della Kraft. No. Vi racconterò cosa ho fatto per rendere operativa la cucina serifiotika, ed il banchetto che ne è derivato.
Prima di lamentarci che non c’è la roba che conosciamo, guardiamoci un po’ intorno: cosa c’è da queste parti? Scopriremo parecchie cosette.
Il limite specifico di questo posto è il sole battente ed il fortissimo e frequente vento. Ogni gioco ha le sue regole. Entro questi limiti, dai ripieghi di questo paesaggio apparentemente lunare, fioriscono le sue tecniche agricole. In realtà il terreno, solcato qua e là da piccole vallate dove scorre l’acqua di sorgente, per il resto è intessuto di timo e di canfora, e ricco di una vegetazione che d’estate si mimetizza e si atrofizza aspettando le piogge d’autunno per verdeggiare di nuovo. La luce bianca e accecante del sole mitigata dal costante vento le nutre, il terreno è protetto da questa vegetazione e dalle pietre. Con le pietre si fanno i terrazzamenti. Di mucche manco a parlarne. Gli servirebbe troppo fieno. Invece il latte delle pecore e delle capre che brucano timo è qualcosa di unico. Con il caldo le tecniche naturali di conservazione sono la fermentazione che produce lo yogurt (quello greco è così sodo perché è fato col latte di pecora) e la cagliata nella pelle della pecora stessa per fare il formaggio dei pastori, morbido come la ricotta, grasso e saporito come un pecorino, la misithra. Come in molte zone aride, qui la pastorizia ha un ruolo determinante. Intanto però ci troviamo in un’area che è comunque vicina alla culla della cultura agricola mediterranea, e chi dice mediterraneo di pane, vino, olive, fichi. Come ho detto tira vento. Forte. E c’è poca acqua. Quindi la vite cammina a terra, sui terrazzamenti. Non c’è rischio che ammuffisca anzi. Viene un’uva aromatica e dolce con un sentore di iodio. Che produce il vino dopio, locale, di gradazione elevata, rosato secco e pepato. A Nord dell’isola ci sono le zone agricole, che consistono di orti posizionati nei ripieghi della terra dove si coltiva una verdura locale chiamata Vlitta, dal latino Blito, Bieta. In realtà si tratta dell’amaranto nostrano. Da noi è considerata un’erbaccia, e invece ha un buon sapore di spinacio e di carciofo insieme, è abbondante, tenera, delicatissima e ricca di proteine. Chissà perché in Italia ci siamo intestarditi a bollir la cicoria, scarsa, complicata da pulire ed amara. Abbiamo ancora da scontar qualche colpa ancestrale? Pomodori, meloni, cocomeri, cetrioli scuri saporiti e mai amari, menta (niente mentuccia), un basilico dalle foglioline piccine piccine che usano solo contro le zanzare, zucchine e melanzane magre e lunghe. Patate piccine. Fagiolini. Olive. La farina è perlopiù di grano duro, come in Puglia, in Sicilia, in Sardegna, nel Maghreb, insomma nel sud del mediterraneo. Mandorle! Tante mandorle in giro, ed anche arnie, con delle api che producono un miele di timo unico. Ovviamente i fichi piovono, sono rosso scuro dentro, vischiosi e dolcissimi. Elisir di sole e di vento, la buccia è un velo sottile e violaceo che ne copre la voluttà. L’isola è anche piena di capperi, che si raccolgono a luglio. Qui non pesca nessuno invece, chissà perché, è gente di montagna. Una o due volte nel mese si potrà mangiare una zuppetta di pesce pescato sulla spiaggia di Koutalas, ma per il resto, di pescato troverete solo il polpo, cotto nell’aceto poi cosparso di origano e di olio buono. O alla brace.
Ma torniamo a noi: le prime operazioni…
Il pane
Come prima cosa do da mangiare alla pasta madre, che ha sopportato 2 giorni di viaggio da Roma. La luna è vuota quindi non può essere lei. Sarà la farina iperglutinica del supermercato? Anche, ma credo sia soprattutto quest’acqua di sorgente, che viene apprezzata. Scoppia una fermentazione potente. Faccio il pane col timo e viene perfetto. Divino. Vengo a sapere che il fornaio che serve i locali e sta su al paese ha aperto un piccolo punto vendita giù al porto, a fianco all’unica banca, non si vede per niente che è un forno. Sicuro che i turisti non lo frequentano. Parlo con la moglie del fornaio, decisamente sovrappeso, che mi promette di portarmi 5 chili di farina contadina l’indomani. La mia pasta madre tornerà a mangiare sano.
Le verdure
Poi passo allo spaccio di verdure, mi procuro della verdura vlitta e un’altra tipo cicoria (chorta) ma meno amara a dal gusto di nocciola. Prendo anche i piselli gialli spezzati con cui qui si prepara una purè simile al purè di fave pugliese che chiamano, appunto, fava. Sopra ci vanno le cipolle rosse tagliate fine, le olive tipo kalamata, olio e aceto. Voglio fare fave e cicoria alla moda delle Cicladi… Compro anche le olive, un po’ di riso, dell’olio d’oliva bio, tre melanzane e due pomodori. Della Retsina (vino resinato), dello yogurth.
Le erbe aromatiche
Rientrando raccolgo un po’ di erbette: basilico a foglie piccole da un vaso, della menta, del rosmarino, delle foglie di finocchiella (marathos).
i formaggi e la carne
Infine passo a trovare la mia amica Rita Paraskevopoulo, cuoca dell’isola e moglie di un allevatore di capre. Da lei ho preso un po’ di carne di capretto che il marito aveva appena macellato e un po’ di agnello, del formaggio misithra ancora caldo. Un barattolo di capperi come li fa lei, che li tratta con sale ed aceto senza lasciarceli dentro. Così per un anno si conservano liberi nel barattoli e pronti da mangiare.
La sostanza psicotropa locale
Infine acquisto dell’Ouzo, indispensabile da bere mentre si cucina.
In cucina…
Fava e chorta
Ingredienti:
3 tazze di piselli spezzati fava
1 cipolla rossa
Olive tipo kalamata
Aceto di vino rosso
Olio d’oliva
1 busta di cicoria Chorta
Prendete 3 tazze di piselli spezzati fava, sciacquateli in una ciotola finché l’acqua non diventa trasparente. Poi lasciateli a bagno un paio d’ore o più. Infine metteteli in acqua fredda a cuocere a fuoco medio-lento finché non si siano sfatti da sé e badando che non attacchino. A questo punto aggiungete il sale e versate in un piatto di porcellana.
A parte, portate a bollore un pentolone d’acqua salata. Lavate intanto la cicoria cavandogli la parte terrosa in prossimità della radice, poi buttatela in acqua e bollitela 15 min. Rovesciatela in uno scolapasta e passatevi sopra l’acqua fredda per fermare l’ossidazione. Strizzatela un poco. Ora potete tagliuzzarla tutto intorno al purè di fave.
Decorate al centro con abbondanti fette sottili di cipolla rossa, olive kalamata, parecchi spruzzi di aceto ed un bel filo d’olio di oliva. Servite con il pane.
La fava è il piatto dei poveri, che non si nega a nessuno e si serve in genere in delle ciotoline di terracotta. Alle feste delle chiese (panegiri), se ne cucinano pentoloni di dimensioni inaudite. Si preparano a parte la cipolla tagliata, l’aceto, l’olio e le olive, e poi si distribuisce gratis a tutti. Per il vino e per la carne alla brace invece c’è da pagare. Così anche chi non ha soldi può partecipare alla festa, che regolarmente finisce in grandi danze popolari collettive, con anziani suonatori di bouzouki ubriachi e un po’ stonati che suonano a più non posso, e rispettabili signori che dosano il tempo per lasciarsi andare a spaccare i bicchieri, e persino le brocche lanciando degli urrà greci beneaugurali.
Patate allo yogurth e al rosmarino
Ingredienti:
3 patate
Yogurth greco Total
un rametto di rosmarino
sale e olio
Bollite 3 patate, tagliatele poi a pezzi. Mescolatele con l’olio d’oliva, lo yogurth ed il sale, sfilate le foglie del rosmarino e tritatele sottili sottili sottili col coltello grande sul tagliere. Unite al tutto.
Insalata di zucchine alle foglie di finocchiella
Ingredienti:
3 zucchine tipo romane
Olio, limone, foglie di finocchiella
Bollite anche le 3 zucchine, condite con l’olio e il limone ed aggiungete parecchie foglie di finocchiella tritate fine.
Caviale di melanzane
Ingredienti
3 melanzane
2 spicchi d’aglio
Aceto di vino rosso
Olio d’oliva
A piacere prezzemolo, basilico o foglie di finocchiella
Mettete le melanzane intere così come stanno al forno a 180-200° per 40 min almeno. Quando escono, col cucchiaio caverete facilmente tutto l’interno. Togliete l’anima a 2 spicchi d’aglio, fate bollire dell’acqua in un pentolino e buttateceli per 1 o 2 minuti, per togliergli il forte. Ora frullateli assieme alle melanzane, unite un cucchiaino e mezzo di aceto, olio d’oliva a piacere, sale. Se siete in Grecia ci metterete le foglie di finocchiella tritate fine, se invece siete in Italia ci sta benissimo anche il basilico.
Pizza rossa greca
Ingredienti:
700 gr di farina locale e pasta madre
Un bicchiere di olio buono
Un cucchiaio abbondante di miele
Due cucchiaini di sale
Salsa di pomodoro
Aglio
Basilico
Capperi
Misithra
La passata che trovate qui è più acida, quindi va cotta un po’, e magari ci si può aggiungere un pizzico di zucchero. Mettete quindi a cuocere a fuoco medio-lento un barattolo di pomodoro, dopo aver soffritto uno o due spicchi di aglio nel pentolino.
Preparate l’impasto per la pizza come l’impasto del pane (vedi corsi di panificazione domestica, www.casadelcibo.it), mettendo un bicchiere intero di olio nell’impasto e stendetelo delicatamente più sottile che potete in una teglia con la carta da forno. Coprite con un panno umido e lasciate lievitare 3 ore. Poi cospargetela di pomodoro, capperi tagliuzzati, misithra. Cuocete in forno preriscaldato a 200° per circa 15 minuti. Quando sfornate, aggiungete il basilico.
Vlittopitta, ovvero calzone di vlitta col gorgonzola e le noci…
Ingredienti:
Una busta di vlitta (per raccoglierla in Italia, cercate sul web immagini dell’amaranto nostrano e raccoglietene le foglie e le cime prima che spighino)
2 spicchi d’aglio
Una manciata di noci
Una fetta di gorgonzola
Mettete in acqua la vlitta per sciacquarla poi lasciatela scolare. Buttate in una pentola grande dal fondo spesso 3 spicchi d’aglio, mettete un filo d’olio e accendete a fuoco lento. Metteteci sopra la vlitta e coprite. Lasciate appassire per 15 min circa. Spengete il fuoco. Aspettate che si rafreddi.
Con un identico impasto (vedi sopra), dopo la lievitazione cospargete di vlitta cotta tagliuzzata, poi spargete un formaggio tipo gorgonzola e schiacciate qualche gheriglio di noce. Usate la carta forno per portare ambedue i bordi al centro a formare un’elissi. Infornate a 200° per 30 min circa. Lasciate riposare e fare respirare, consumate in porzioni.
Capretto cotto nel vino con bachari e timo
Questo tipo di piatto viene cotto per un tempo infinito (3-4 ore) a 150 gradi in un contenitore di coccio con del vino locale (potete usare una retsina o un rosé in Italia). Coprite con l’alluminio per evitare che la carne si asciughi troppo. Il vino speziato redime il sapore forte del capretto adulto e lo intenerisce. Potete poi aggiungere a scelta foglie di finocchiella o timo. Indispensabile una spezia tipicamente greca, una bacca dal sapore pepato che sa un po’ anche di noce moscata e di chiodo di garofano: il Bachari.