Una rivelazione inattesa di questa pandemia è il Tempo. Abbiamo avuto Tempo per pensare e per renderci conto che è la lentezza a procurarci, concederci e donarci Tempo. Il Tempo esiste solo nel momento in cui ce lo prendiamo, ce lo concediamo. La velocità ce lo ruba, portandoci ad una distrazione dalla vita, impedendoci di pensare e di “sentire”, cioè di sviluppare quella che è la nostra vera destinazione in quanto esseri umani. In questa nuova dimensione del Tempo, anche l’industria del divertimento si è arrestata, consentendoci di riascoltare il silenzio e con esso noi stessi e le voci di chi ci ha preceduti.
La nostra vera destinazione non è il futuro, che non possiamo conoscere, ma la ricchezza di un passato che costituisce il nostro patrimonio intellettuale, culturale e umano. Noi uomini contemporanei ci mettiamo contro il Tempo, vivendo una continua tensione verso il futuro, lasciandoci il passato alle spalle, perché vecchio, finito, non più degno di attenzione, morto.
Rifiutando il passato come fonte di autorità e di garanzia perdiamo ogni fondamento e ci affidiamo al mito della novità e alla comodità del conformismo, mentre il Tempo ci riporta a noi stessi e a riscoprire ciò che conta veramente.