La scuola a distanza ha evidenziato non solo le disparità tra gli allievi, ma anche tra i docenti. Bisogna essere franchi su questo: l’età elevata dei docenti, unita alla mancanza di alfabetizzazione digitale (sapere accendere la LIM non è sufficiente!), ha creato dislivelli negli istituti e tra i colleghi. La situazione post pandemica rivela una mancanza di strategia sul tema dell’istruzione e del precariato della scuola che verrà pagata da tutto lo stato sociale, che vorrebbe difendere il bene comune, ma che si rivela completamente esautorato nel momento in cui le decisioni vengono prese di notte sotto la pressione dell’urgenza.
Per fare solo un esempio, le regole di un concorso per stabilizzare i precari, che si aspettava da anni, sono nuovamente cambiate (da un test a scelta multipla a una somma di pensieri su una serie di domande) e la data del concorso viene spostata in avanti, perdendo almeno un anno scolastico, rinviandolo a tempi “migliori”. Viene da pensar male.
Non è forse che i precari sono utili perché saranno più flessibili negli eventuali turni orari? Perché sono più silenziosi e meno considerati, non solo tra il corpo docente, ma anche tra le fila dei sindacati che per anni si sono occupati solo di politiche per i lavoratori stabili? Più mansueti, perché se incrociano le braccia non mangiano? Alla fine domandiamoci: chi la vince? O meglio: chi ha già perso?