E’ il grande assente nelle scelte politiche, nelle relazioni sociali, nelle attività economiche degli ultimi decenni, sacrificato sull’altare dell’interesse individuale ed economico capitalistico. Abbiamo costruito un sistema e un modo di vivere che non conosce pause e non può concedersele, che rende stridente il conflitto che si è aperto tra tutela della salute e prosecuzione delle attività produttive. Il virus ha tolto ogni velo di ipocrisia dal nostro sguardo: sull’altare delle attività economiche è lecito sacrificare vite.
Accade da decenni nel silenzio e nell’indifferenza generale, ora lo si reclama addirittura a gran voce. Quale atroce meccanismo abbiamo costruito, che non siamo più in grado di gestire, avendo espunto l “Etica”, il “Bene” dalla nostra società, dalle nostre esistenze? La vita di ciascuno di noi ha come fine la ricerca della felicità, che non ha nulla a che vedere con la ricerca dell’utilità personale, ma della dimensione dell’operare di ciascuno di noi in società per il bene comune. La nostra vita non può essere svincolata dall’Etica, dal “Bene”. Solo quella legge morale che Kant contemplava con la stessa ammirazione e con lo stesso stupore con cui ammirava il cielo stellato potrà evitarci un bivio straziante tra essere e avere e farci tornare ad agire “Bene” e “per il Bene” di tutti.