Il progetto e le città
La terza edizione
Lo svolgersi della terza edizione delle Passeggiate fuori porta permette di delineare un primo bilancio di questo progetto. I risultati non possono che essere positivi per quanto riguarda la partecipazione del pubblico, l’entusiasmo dei relatori, la presenza delle istituzioni e i commenti gratificanti ricevuti; tuttavia si sono anche delineati alcuni elementi di criticità su cui riflettere e da considerare come opportunità di crescita.
Il progetto delle Passeggiate fuori porta
Le Passeggiate sono prima di tutto un progetto aperto, una sorta di open data del territorio e certamente sono estremamente democratiche. Con il termine open data intendo dire che, forse per la prima volta, il territorio è stato presentato come un insieme creativo di possibili letture, sin dalla prima edizione del 2013. Il territorio si è reso così maggiormente accessibile e comprensibile e, elemento più importante, ognuno di noi ha potuto trovare una propria personale lettura.
Qui si apre il dibattito sulla democrazia dell’evento! Affinché le Passeggiate avessero successo ritenevo fosse corretto che tutti, ma proprio tutti, e non sarà mai troppo scriverlo o dirlo in sedi differenti, potessero parteciparvi. Questo al di là della propria professione, ma anche dei propri interessi, proprio come accade per alcuni eventi in cui ci troviamo tutti uno accanto all’altro per capire, ma anche solo per imparare, qualcosa di differente, ricevere punti di vista sino ad allora non considerati o semplicemente per condividere con gli amici nuove esperienze.
Per questo motivo le prime due edizioni sono state totalmente gratuite, basandosi sul lavoro altamente professionale di tutti, che è stato offerto a una comunità aperta in modo estremamente generoso. Un altro motivo era anche di testare sul campo il reale interesse delle istituzioni, non solo quelle coinvolte, ma anche dei comuni direttamente coinvolti.
Lo scopo primario che come ricercatrice ho portato avanti è stato ed è quello di offrire molteplici letture territoriali del Lazio del Sud, attraverso prima di tutto la scelta di luoghi cardine e poi attraverso la voce di chi ha speso la propria energia in un processo di conoscenza di quei luoghi. Questo ha permesso di realizzare un network non virtuale e far sì che gli esperti fossero, per quella mezza giornata, a nostra disposizione in un racconto polifonico e interattivo (perché poteva cambiare a seconda delle interazioni con i cittadini o dello stesso discorso). I local espert, gli studiosi si trovavano lontani dai luoghi della biblioteca e dell’archivio e sempre si è fatto lo sforzo di comunicare gli aspetti più tecnici divulgandoli.
Un altro scopo, non secondario, ma che possiamo identificare come il vero filo conduttore, è stato di lavorare sull’identità. Si sa che la ricerca ha sempre obiettivi ambiziosi e dovrebbe essere chiaro a tutti noi che ogni ricerca pagata da un pubblico o da un privato non può che avere come suo risultato primario un obiettivo concreto. Capire l’identità di questi luoghi mi è sembrata la sfida che si misura sul piano concreto del territorio, non solo perché essa si trasforma nel tempo, ma anche perché, essendo multiforme, ci racconta chi siamo – ricordandoci da dove veniamo – e quali sono le nostre radici; allo stesso tempo ci suggerisce percorsi, strade, indirizzi per il nostro futuro.
Le tematiche delle tre edizioni
L’avvio del progetto è del 2013 ed è nato come progetto pilota volto alla conoscenza. Si sono scelte due realtà quali Maenza e Priverno, entrambi piccoli centri. Il primo per la sua immagine di città medievale in cui poter leggere chiaramente la forma e lo sviluppo urbano attorno a un castello, ma anche per la possibilità di individuare interventi recenti di restauro e riflettere sul tema di come si realizzano tali opere.
Priverno invece ha una storia speciale all’interno di tutti i percorsi. La città di Priverno è stata scelta come caso studio della ricerca che ho condotto per il suo ruolo di centro principale in un contesto territoriale, quasi a capo di altri piccoli centri; per la sua storia di lunga durata nel territorio (l’insediamento romano di Privernum e la vicinanza con Fossanova); per l’influenza di Roma e la vicinanza con Latina – giovane provincia di fondazione – e soprattutto per l’immenso patrimonio culturale “a portata di mano”, ma poco conosciuto e valorizzato. Per questo ho dato alla città di Priverno l’appellativo di Salotto urbano dei Monti Lepini.
La seconda edizione (2014) ha voluto sperimentare e mettere in pratica un processo partecipativo che coinvolgesse istituzioni e cittadini. In questo senso sono state affiancate le tre parole chiave del progetto – Conoscere, Partecipare, Valorizzare – proprio per far comprendere come dalla conoscenza materiale dei luoghi si potesse coinvolgere un’ampia utenza e valorizzare il nostro comune patrimonio. Inoltre ho voluto sottolineare che è proprio la comunità il protagonista dei luoghi in cui abitiamo e che senza di essa non si può agire.
Le visite urbane, chiamate Passeggiate per dare un senso ludico e far capire che proprio misurando lo spazio con i nostri passi conosciamo la città, hanno voluto esprimere un modo differente di leggere le città: non per punti o monumenti, ma in un racconto collettivo degli spazi.
Il tema per l’anno 2014 è stato quello di offrire una lettura territoriale che potesse mettere insieme le due anime del territorio lepino: gli insediamenti collinari e il rapporto con la Pianura Pontina. Abbiamo visitato, seguendo questo itinerario, Bassiano (centro situato all’interno dei Lepini), Priverno, Maenza, Roccagorga e Ninfa.
Infine la terza edizione (2015) ha voluto parlare di due luoghi conosciuti e topici in questo contesto non solo territoriale, ma anche regionale: Sermoneta e Ninfa, da leggersi come sistemi urbani che hanno visto il coinvolgimento diretto della famiglia Caetani. In questo senso le due letture urbane hanno voluto evidenziare la storia materiale degli insediamenti e il valore dell’operato dell’uomo come stratega, progettista e inventore.
La sfida di quest’anno è stata presentare ciò che abbiamo sotto i nostri occhi e che riconosciamo come patrimonio culturale in un modo totalmente differente. Non la solita Sermoneta battuta dai turisti nei fine settimana, ma il suo complesso sistema difensivo; non l’ideale di giardino romantico, per Ninfa, ma una lettura integrata tra architettura e botanica che permettesse di far intuire la laboriosità di questo insediamento, le scelte della famiglia Caetani e il ruolo della natura come madre e matrigna allo stesso tempo.
Un progetto esportabile e in crescita
Le Passeggiate, per come sono state concepite, gestite e realizzate, sono un progetto esportabile in altri territori e contesti. Questo perché sono facilmente replicabili, a patto di seguire alcune regole basilari come il coinvolgimento degli studiosi del luogo, della cittadinanza e delle istituzioni presenti sul territorio, associazioni comprese.
Il vero punto di forza è infatti quello di mettere insieme realtà di gestione del territorio diverse, che hanno uno spazio di confronto libero e allo stesso tempo controllato dalla comunità, proprio attraverso e lungo i percorsi urbani.
In questo senso le Passeggiate hanno voluto applicare sul campo della valorizzazione le linee guida UNESCO del Paesaggio Storico Urbano (HUL, Historical Urban Landscape) considerando città e territorio come un unico bene da sviluppare.
Credo, dopo l’ultima esperienza, che il progetto ora dovrebbe assumere una forma differente e ottenere un maggiore riconoscimento. Quest’anno, grazie al lavoro di IN/arch Lazio, sono stati richiesti i crediti formativi per la professione di architetto; è stato un passo importante per far sì che le Passeggiate avessero un giusto riconoscimento formativo. Tuttavia il prossimo obiettivo sul tavolo è fare in modo che le Passeggiate si trasformino in un corso aperto, in un laboratorio itinerante, dedicato agli architetti, alle amministrazioni, a un gruppo di cittadini e osservatori, con il fine di potere non solo conoscere, ma anche incidere nelle trasformazioni delle nostre città, per andare verso un’attiva e coinvolgente valorizzazione, lontana da alcune forme di musealizzazione.
Un bilancio
Nonostante il bilancio positivo si sono evidenziati alcuni elementi di criticità proprio in quest’ultima edizione. La maggiore difficoltà è stata proprio il dialogo con alcune amministrazioni locali e con alcune associazioni. Le Passeggiate non sono un modo per dare evidenza della propria presenza nel contingente, ma hanno bisogno di una cura costante, proprio come le nostre città. Sono dunque da una parte la messa a sistema di una fitta corrispondenza e di scambi qualitativi e dall’altra l’inizio di un dialogo costruttivo.
Guardando tutto il progetto da questo punto di vista è evidente che i maggiori risultati si sono avuti proprio a Priverno, non solo perché luogo eletto a caso studio della mia ricerca, ma anche perché lì si è riusciti a creare un dialogo continuo, diretto e basato sulla reciproca fiducia e riconoscimento delle competenze. Con Priverno si sono costruiti incontri con la cittadinanza e un progetto internazionale di scambio di migliori pratiche nato tre anni fa. Qui le Passeggiate sono state il momento in cui riflettere sul patrimonio e dare avvio a un laboratorio di idee sulla città.
Gli utenti
Elemento positivo è stata la realizzazione di un network che unisce interessi e persone in modo trasversale, permettendo la contaminazione e una visione ampia di prospettive. Un network che ha visto insieme l’Istituto per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali del CNR di Roma e l’IN/arch Lazio, dove il primo ha potuto delineare nuove linee di ricerca e il secondo raggiungere un pubblico ampio a livello regionale. Le associazioni hanno avuto modo di raggiungere altri cittadini interessati ai loro obiettivi e le amministrazioni hanno avuto l’occasione di comunicare in modo differente con i cittadini.
L’importanza della partecipazione, sorprendente per numero, coinvolgimento e attenzione, ha messo l’accento proprio sulla cittadinanza.
Ho così pensato che potesse essere utile raccogliere in maniera spontanea i commenti dei partecipanti alla visita del 28 luglio a Ninfa, per misurare le aspettative, dare valore alle impressioni, comprendere gli interessi, verificare se erano nate domande o proposte e ricevere naturalmente anche delle critiche.
I commenti sono inseriti qui di seguito in ordine di arrivo e senza mediazione, a disposizione di tutti per continuare il dialogo fecondo che abbiamo messo in atto.
Commenti dei visitatori
29 giugno
Un’occasione speciale, imperdibile, grazie ad uno staff colto ed appassionato.
Grazie ancora ad Emma Tagliacollo, Guglielmo Villa, Ferruccio Pantalfini, Elisabetta Zeralli, e quanti altri hanno reso possibile questa bella iniziativa.
Matilde Amaranto
Grazie della piacevole opportunità di domenica, è stato molto interessante poter visitare Ninfa con una maggiore consapevolezza storica e architettonica, accompagnata da qualche curiosità di carattere botanico.
Dal momento che apprezzo sempre l’impegno di chi intraprende questo genere di iniziative, e visto che se ho ben capito è ben accetto un riscontro sull’esperienza vissuta, ne approfitto per un paio di considerazioni, che spero risultino utili.
– Compatibilmente con costi e organizzazione, fisserei un numero limite di partecipanti intorno ai 30, per rendere il gruppo più compatto e gestibile.
– Definirei bene a priori se l’esperienza sia destinata ad un pubblico generico o ad un gruppo di studiosi/lavoratori di un settore; nel primo caso dedicherei più attenzione all’aspetto botanico/naturalistico, per una maggiore uniformità di trattamento con quelli urbanistico e architettonico/artistico.
– Programmerei lungo il percorso più momenti di spiegazione e discussione, ma di durata più breve.
Simone Rollini
Due segnalazioni: evitare interventi troppo prolissi prima di accedere al sito da visitare, perché si rischia di affievolire l’entusiasmo del visitatore, come il sottoscritto che non è architetto. Inoltre dare possibilmente più spazio, in un eventuale futuro caso simile, all’esperto in botanica.
Saluti e congratulazioni per l’organizzazione.
Benedetto Catone
30 giugno
Grazie per avermi coinvolto in questa visita itinerante, Passeggiata fuori porta, a Ninfa, luogo assolutamente straordinario.
È stato bello, in questa occasione, la descrizione pluridisciplinare, architettonica, botanica, conservativa e progettuale.
Grazie a te e a tutti quanti hanno contribuito a ricordare che esistono luoghi meravigliosi su questa terra dove l’intervento dell’uomo è proficuo e migliorativo; per questo la conoscenza e la partecipazione sono essenziali per intraprendere e perseguire uno sviluppo attento e sostenibile.
Rossana Nicolò
1 luglio
Ecco alcune considerazioni sulla visita urbana programmata all’interno del seminario territoriale delle Passeggiate fuori porta ed effettuata domenica 28 giugno al Giardino di Ninfa.
Per quanto riguarda la tua conduzione e gli interventi dei colleghi Ferruccio Pantalfini e Guglielmo Villa, dobbiamo solo riconoscerne l’eccellenza. Grande passione ha anche mostrato nel suo breve discorso il curatore del Giardino di Ninfa, il dott. Lauro Marchetti, così come Luca Zevi per l’INarch. Dal punto di vista botanico e di progetto del verde sarebbe stata apprezzata qualche maggiore specificazione, al di là di eventuali domande poste in corso di visita. La notevole presenza di partecipanti infine ha rappresentato al tempo stesso un indicatore di successo dell’iniziativa, ma anche un limite. Forse per il futuro gruppi più contenuti favorirebbero meglio l’ascolto e la partecipazione.
L’impressione dominante, che rimane nella mente di ognuno alla fine della visita, è ovviamente quella di un luogo unico, un vero luogo dello spirito. Crocevia di storie umane, di lavori, di architetture notevoli, di strategie difensive, di percorsi, di acque, di piante, di tecniche produttive e commerci, di rigenerazioni e distruzioni, di morte urbana e incredibile sopravvivenza come giardino romantico e bene culturale. Con forti valenze di metafora della vita stessa.
Eppure a nostro avviso, uscendo dall’incantesimo botanico-architettonico, bisognerebbe sottolineare con maggiore intensità che oggi Ninfa è la spaventosa testimonianza, a livello sensibile e percettivo, anzitutto della violenza e delle atrocità di una strage: le lotte fratricide connesse alla proclamazione ad antipapa di Clemente VII ed al conseguente assedio, al saccheggio, alla uccisione di inermi contadini ed artigiani, alla distruzione metodica dei manufatti, attuata nel 1380 non da barbari invasori, ma dalle stesse città vicine. Per questo sarebbe opportuno realizzare accanto all’oasi un piccolo luogo in onore e ricordo delle tante vittime innocenti e sconosciute, con valore di mediateca didattica e con forti valenze di attualità (purtroppo), che illustri approfonditamente queste vicende storiche riportando l’attenzione, oltre la spettacolarità dell’estetica romantica, sulla consapevolezza dei lutti generati dalla infinita lotta umana per il potere e sulla necessità di combattere ogni integralismo, soprattutto religioso.
Mauro ed Alessandra Martini
2 luglio
L’occasione fornita da Passeggiate fuori porta (che ringrazio) mi ha permesso di ri-visitare un giardino – visto circa quarant’anni fa – del quale conservavo una memoria per certi versi appannata (fors’anche perché alla fine degli anni settanta non era ancora così ben restaurato). Il racconto delle due guide (per l’archeologia e per la botanica) ha di certo colto nel segno perché finalmente sono riuscita a leggere quello spazio e ad ascoltare i “suoni” del sito. E ne è valsa la pena! Il giardino di Ninfa trasmette infatti molteplici messaggi: sono quelli che le sue creatrici (tutte donne!) hanno voluto iniettarvi attraverso la disposizione, la forma e il colore delle piante da loro scelte. Oltre al mistero, credo vi sia davvero un’armonia tra estetica, botanica e passione.
Maria Spina
4 luglio – Ninfa, un fiore sull’acqua.
Il 28 giugno 2015 ho visitato l’oasi di Ninfa, in compagnia degli amici delle Passeggiate fuori porta: architetti, docenti, botanici, giornalisti e imprenditori … ai quali si è aggiunto un avvocato e cultore della storia del diritto.
Dal mio punto di vista, Ninfa colpisce per la sua evoluzione: da città a rovina, da oasi … a quale futuro? Questo luogo è stato sempre modellato dagli uomini, secondo le loro esigenze, cogliendo le opportunità offerte dalla natura: in epoca feudale è stato costruito un castello, nel periodo rinascimentale è stato aggiunto un hortus all’italiana, successivamente è stato realizzato il giardino e infine gli edifici moderni, per ospitare l’amministrazione o accogliere i turisti.
Le potenzialità di una terra fertile, impregnata di acqua e protetta dai venti, sono state colte fin dai tempi dei Caetani. Essi hanno voluto acquistare la proprietà di Ninfa: un esperimento raro, in epoca feudale. Per comprendere le ragioni di questa scelta, o la vita quotidiana in città, gli studiosi hanno esaminato le mura, gli affreschi e i pavimenti cosmateschi (oggi ricoperti): le successive ricerche possono estendersi agli archivi che conservano i contratti, i libri mastri, gli statuti, le lettere e gli altri documenti sopravvissuti, per “leggere” Ninfa come uno spazio abitato dagli uomini e influenzato dalle loro attività.
Oggi la Fondazione Caetani propone un percorso che integra la storia di Ninfa con la natura – tra sentieri, piante raccolte in ogni luogo del mondo, cascate intonate da un allievo di Liszt – per realizzare un sogno nel quale la presenza umana è … minoritaria. Più un luogo è bello e fragile, infatti, maggiore è la necessità di regolare l’ingresso del pubblico, per esigenze di conservazione e di manutenzione. Ne deriva la tentazione di interpretare Ninfa in chiave utopica, analogamente alle Città e ai Giardini ideali, dove viali e palazzi impeccabili sono vuoti, o privi di relazioni apparenti con la vita degli uomini. Questi ultimi, tuttavia, rappresentano un fattore di evoluzione per Ninfa, come per ogni altro luogo: pertanto è necessario assicurare il futuro dell’oasi non solo proteggendola, ma consentendole di svilupparsi, insieme con la humana societas.
La sfida può consistere nel creare nuovi spazi per l’uomo all’interno di Ninfa, mediante gli strumenti della progettazione, della legislazione, dell’analisi economica e della riflessione filosofica. Non è necessario fondare una nuova Arcadia: basta che la storia continui.
Giulio Rufo Clerici
5 luglio
La visita e’ stata estremamente gradevole e istruttiva. Essendo per me la prima volta ha significato la scoperta di un sito meraviglioso nella sua complessità botanico-urbanistica. La competenza degli studiosi esperti ha permesso di comprendere i passaggi fondamentali della storia della città e
della storia del giardino botanico giustamente narrati attraverso un efficace scambio disciplinare coordinato dall’architetto Tagliacollo. Naturalmente le visite guidate, a causa delle necessità comunicative , tendono a ridurre la libertà di movimento dei visitatori, tuttavia facilmente recuperabile nelle indispensabili visite successive.
Alcune domande e curiosità: lo stato di avanzamento degli studi su Ninfa è giunto alla redazione di un rilievo scientifico dell’intera area? Ci sono ipotesi ricostruttive della consistenza urbana effettiva e delle relativa cinta muraria? Nel riuso rinascimentale del luogo come giardino di ozii e delizie ci sono specifiche notizie di convivi musicali magari con qualche riferimento agli artisti partecipanti?
Alberto Giuliani
6 luglio
Domenica 28 giugno 2015 si è conclusa con successo la 3a edizione delle Passeggiate
Fuori Porta, ideate dall’arch. Emma Tagliacollo e promosse da IN/ARCH Lazio. Il
ciclo di eventi prevedeva due passeggiate: una a Sermoneta ed una ai Giardini di Ninfa.
Queste passeggiate, strutturate come veri e propri “seminari itineranti”, hanno permesso
ai partecipanti (sottoscritto compreso) di apprezzare a pieno due significativi esempi delle
numerose meraviglie (spesso poco valorizzate e conosciute) del territorio laziale.
In particolare alla passeggiata di Sermoneta, dove hanno partecipato oltre all’arch.
Tagliacollo, l’arch. Anna di Falco (autrice del restauro delle mura urbane e del relativo
parco attrezzato) e la dott.ssa Marta Pennacchi (storica della famiglia Caetani), si è potuto
apprezzare l’antico complesso medievale racchiuso da un sistema di fortificazioni
murarie il cui impianto giunge fino ai nostri giorni quasi intatto e pienamente leggibile.
La passeggiata ai Giardini di Ninfa invece è stata magistralmente condotta dagli
interventi dell’arch. Ferruccio Pantalafini (progettista dell’ingresso ai giardini), del prof.
Guglielmo Villa (Un. La Sapienza di Roma) e di altri esperti e personalità tra cui il
curatore dei giardini dott. Lauro Marchetti ed il presidente di INARCH Lazio arch. Luca
Zevi. L’emozionante percorso della passeggiata si è sviluppato tra le rovine di una città
persa e le meraviglie di paesaggio riscoperto, un paesaggio conquistato da un natura mai
selvaggia ma a tratti potente e raffinata: in un certo senso ricercata quasi come in un
dipinto di William Turner.
Felice Poliseno
8 luglio
La Passeggiata fuori porta a Ninfa è stata per me un’occasione per conoscere, attraverso un’iniziativa culturale ben concepita, un luogo complesso, sospeso tra la testimonianza storica e la prevalenza attuale di una natura solo apparentemente spontanea. Interessante poter ricostruire mentalmente, attraverso la lettura che è stata data delle testimonianze costituite dalle rovine, la struttura di una città medioevale che si è “fermata” non trasformata dalle esigenze della modernità. Testimonianza soprattutto di un uso funzionale dell’elemento acqua che nella realtà attuale, nella trasformazione a giardino, diviene elemento fondamentale del “luogo di delizie”. Questa e le altre Passeggiate fuori porta sono un interessante contributo alla conoscenza di un territorio poco valorizzato che merita certamente una maggiore attenzione.
Paola Ferri
11 luglio
La visita a Ninfa ha rivelato un patrimonio paesaggistico e architettonico (pur nei lacerti superstiti) sconosciuto in gran parte per chi proviene da altre e più lontane regioni italiane. Ancor più benvenute sono perciò le visite organizzate da Emma Tagliacollo alla scoperta di borghi e centri storici nei Monti Lepini.
La sorpresa a Ninfa non è solo la scoperta di un’altra oasi al riparo dalla cementificazione del territorio; è anche l’impegno di una fondazione privata del mantenere, conservare e gestire un sistema complesso come un giardino romantico fatto crescere tra rovine altomedievali. Molto apprezzati sono stati gli interventi partecipati e precisi degli studiosi invitati. Ci si auspica che simili iniziative possano diventare abituali.
Isabella Cecchini
Le fotografie sono di Luca Marcotullio.