Il turismo responsabile come promotore di sviluppo locale
di Pierluigi Musarò –
L’essere umano ha sempre viaggiato, e ancora oggi, nel mondo, una persona su sei realizza ogni anno un viaggio a scopo turistico fuori dal proprio paese, facendo così del turismo uno dei principali settori dell’economia mondiale. L’aumento del tempo libero e del reddito pro-capite disponibile, lo sviluppo delle comunicazioni e dei trasporti che permettono di raggiungere ogni angolo del pianeta in tempi brevi e a basso costo, l’espansione delle strutture di accoglienza e le migliorate condizioni sanitarie hanno fatto si che i turisti passassero da poche decine di milioni nell’immediato dopoguerra all’attuale miliardo.
Oggi il turismo è un’attività che ha la stessa importanza dell’industria e del commercio, è interessato da esportazioni e investimenti giganteschi e si dimostra, come nessun’altra attività antropica, resistente alla crisi e ai disastri. Ciò nonostante, richiama ancora lo svago, il viaggio o il riposo e, per la maggioranza dei nostri contemporanei, “fare turismo” è solo sinonimo di vacanza.
Eppure, nonostante una situazione di recessione prolungata, negli ultimi dieci anni il turismo rappresenta uno dei settori economici che ha avuto la crescita maggiore a livello mondiale. La spesa dei turisti per viaggi all’estero è raddoppiata e si prevede che nei prossimi dieci anni aumenti di un ulteriore 50%. Il trend di crescita che caratterizza il turismo internazionale è costante e di lungo periodo: se i dati evidenziano come nel 2012 più di un miliardo di persone ha compiuto un viaggio all’estero per turismo, non bisogna dimenticare che questa evidenza è in atto già dal 1980 e si attende che la crescita sarà̀ sostenuta anche nel prossimo ventennio. Considerando i flussi che si sono realizzati, dai circa 280 milioni di passeggeri del 1980 si è passati ai circa 900 del 2010, e per il 2030 è atteso che i passeggeri raddoppino, fino a arrivare ai 1,8 miliardi annui. Si tratta dunque di un tasso di crescita attesa medio nel cinquantennio (1980 – 2030) del 4% annuo (UNWTO 2012).
La crescita costante del turismo, fenomeno che interessa tutte le diverse aree del globo, si configura dunque come un elemento da non trascurare in un periodo di recessione grave come quella attuale. Tanto più per quei Paesi che fino ad oggi hanno mantenuto un primato indiscusso per numero di arrivi di turisti internazionali e che oggi si trovano a dover fare i conti con un processo di globalizzazione che vede l’ascesa incalzante di nuove destinazioni. Ne è consapevole l’Unione Europea (UE) che annovera il turismo tra le nuove priorità stabilite nella strategia «Europa 2020» volte a far si che l’Europa possa mantenere il primato di principale destinazione turistica mondiale. Consapevole del fatto che il turismo rappresenta la terza maggiore attività socio-economica dell’UE, generando più del 10% del PIL e fornendo circa il 12% dell’occupazione totale, la Commissione ha proposto un nuovo quadro di azioni coordinate in materia di turismo al fine di rafforzare la competitività e la capacità di crescita sostenibile del turismo europeo. Per quanto ad alcuni possa suonare come un ossimoro, la crescita sostenibile rappresenta uno dei quattro assi individuati dalla Commissione: nel nuovo quadro d’azione per il turismo europeo spicca infatti la necessità di «promuovere lo sviluppo di un turismo sostenibile, responsabile e di qualità».
Il turismo rappresenta un settore fondamentale anche per l’economia del nostro Paese: anzitutto perché ha un forte peso sia in termini di PIL (circa il 9%) che di occupazione (circa il 10%); è inoltre un settore, forse l’unico, dove l’Italia ha un vantaggio competitivo forte e durevole nel tempo, da sfruttare per non perdere quote in un mercato internazionale che continuerà a essere positivo perché trainato dalla domanda delle economie ad alta crescita. Sembra essersene accorto finalmente anche il governo italiano che, dopo decenni caratterizzati dalla mancanza di un progetto politico sul turismo e da una governance turistica frammentata, ha pubblicato nel gennaio 2013 il primo Piano Strategico per lo sviluppo del turismo in Italia, intitolato «Turismo Italia 2020. Leadership, Lavoro, Sud». Il documento muove dall’evidente perdita di competitività̀ del nostro settore turistico, che ha visto scivolare l’Italia dal primo al quinto posto nella classifica mondiale delle destinazioni più visitate, per rilevare come il Bel Paese abbia ancora un ruolo rilevante nel turismo internazionale, sia in termini economici (le persone impegnate in questo settore sono circa 2,2 milioni, un lavoratore su dieci), sia perché offre grandi opportunità per la valorizzazione del nostro straordinario patrimonio storico e artistico, sia rispetto alla comunicazione delle identità dei territori, ma soprattutto in termini di attrazione di nuove risorse per la loro conservazione e rivalutazione.
Il piano strategico elaborato dal Governo, pur mettendo in luce in luce le criticità dell’industria turistica italiana (problemi di governance del settore, promozione all’estero estremamente frammentata, nanismo delle imprese, limiti nella capacità di costruire prodotti turistici competitivi, infrastrutture insufficienti, formazione del personale inadeguata al mercato globale, difficoltà ad attrarre investimenti internazionali), propone alcune linee guida e individua un numero rilevante di azioni volte a migliorare la competitività del settore turistico nazionale. Su tutte, la necessità di avviare un cambiamento culturale in grado di focalizzare «il turismo come un’industria “glocal”, con competizione internazionale ma offerta locale, per la quale è fondamentale un coordinamento forte ed efficace tra Governo, Regioni e Province Autonome» (pag. 41). In Italia, la promozione turistica internazionale, che è svolta a livello regionale mediante le Agenzie di Promozione Turistica o gli Assessorati e a livello centrale mediante l’ENIT (Ente Nazionale del Turismo), si caratterizza per una bassa efficienza ed efficacia dovuta all’elevata frammentazione delle attività a cui non si associa un coordinamento centrale e un’architettura della promozione turistica strutturata su più livelli. Lo scenario italiano appare notevolmente differenziato e privo di una cabina di regia centrale che consenta il coordinamento necessario per competere in ambito internazionale. Lo stesso assetto legislativo e istituzionale non facilita lo sviluppo di un’immagine unitaria del sistema turistico italiano e, al contempo, la definizione di percorsi di sviluppo locale.
Se consideriamo come il territorio mentale (immaginario, sogno, desiderio) nutre il territorio reale e promuove le buone pratiche turistiche – si pensi al paesaggio come realtà naturale e culturale al contempo – allora appare chiaro che per cogliere l’opportunità di sviluppo offerta dall’impareggiabile ricchezza di “risorse turistiche” del Bel Paese occorre comprendere a fondo la domanda ed essere in grado poi di offrire prodotti ad hoc. Per competere con successo nel mercato turistico internazionale è necessario tenere conto del fatto che l’esperienza di consumo turistico non si riduce a un periodo preciso di mobilità, ma comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. Da considerare, inoltre, che la domanda registra: da un lato, uno sviluppo quantitativo complessivo, e dall’altro, una sostanziale evoluzione del comportamento di acquisto e di consumo dei turisti. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), infatti, assistiamo oggi a fattori nuovi quali: modifica del sistema di preferenze dei servizi turistici, riduzione della durata della vacanza, aumento del numero di vacanze di breve durata, ricerca di nuove forme di turismo che abbiano una componente proattiva e maggiormente sostenibile all’interno di un contesto vacanziero più autentico, in linea con le nuove aspettative di coinvolgimento, conoscenza ed esperienza performativa.
Sono questi i trend che stanno incidendo sulla ridefinizione dei diversi prodotti turistici, con crescente rilevanza dei fattori di differenziazione legati ai contenuti “esperienziali” e “territoriali” delle destinazioni. Aspetti, questi, che richiedono un ripensamento del “concept” di vacanza in un’ottica di cambiamento paradigmatico del turismo, basato sulla necessità di un costante raccordo tra la dimensione globale e quella locale che metta al centro del dibattito i modelli di governance e i sistemi turistici locali, e soprattutto la capacità complessiva dei diversi attori locali di realizzare un’esperienza turistica globale basata sulla riscoperta del territorio e delle sue tradizioni. Secondo il piano strategico elaborato dal Governo, infatti, un ruolo centrale deve essere attribuito a modelli di governance territoriali che trasformino le istituzioni e gli attori locali da meri strumenti finanziari e di promozione turistica a forme di organizzazione e gestione delle risorse turistico-territoriali al fine di attivare un circolo sinergico di sviluppo locale. D’altra parte, se la dimensione globale, con i suoi squilibri e la sua instabilità trasforma il turista in un «pellegrino moderno», spasmodicamente in cerca dell’autenticità, come riflesso della totalità perduta, il genius loci, inteso come radicamento identitario al luogo e approccio responsabile al territorio, può divenire meta prediletta del pellegrinaggio e motivazione per conservare se stessi e il proprio patrimonio nello stesso tempo in cui si delinea un modello di sviluppo autonomo.
Inoltre, le ripercussioni dei nuovi network globali sui contesti locali ci fanno comprendere come proprio nelle resistenze dei contesti locali all’omogeneizzazione sembrano rinvenibili le leve per la riorganizzazione dello sviluppo e del benessere del territorio. In effetti, considerato come ai processi globali di disembedding corrispondano processi opposti di re-embedding capaci di incidere fortemente sulla ridefinizione dei contesti locali (come affermava Giddens circa 20 anni or sono), risulta evidente che la riorganizzazione economica dei contesti locali attorno all’offerta turistica diventa l’opportunità di una gestione più ampia, più partecipativa e collaborativa dei territori, con ripercussioni positive sul piano sociale e culturale. Si tratta, in altri termini, di una rinnovata politicizzazione dell’ambito locale che vede la fattiva partecipazione cooperativistica degli stakeholder del territorio: soggetti economici, ma anche popolazione residente, amministrazioni locali e associazioni che possono riattivare, in un’ottica di responsabilità sociale condivisa, nuovi modelli di sviluppo locale inediti e maggiormente rivolti a un orizzonte di maggiore sostenibilità.
Avviene così che alle tradizionali 4 S del turismo (sun, sea, sex, sight), si aggiunga la S di sostenibilità e la S di “salviamo il mondo” che spinge da anni molte organizzazioni non-governative (ONG), cooperative, associazioni, realtà di artigiani e contadini vicini ai circuiti del commercio equo internazionale a sposare la causa del turismo responsabile per incentivare lo sviluppo locale sostenibile e la lotta alle disuguaglianze globali.
Definito come un turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture, il turismo responsabile opera favorendo la positiva interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori (AITR)7. In questo contesto, la parola turismo si basa su un’accezione positiva, in cui il viaggio e la vacanza sono intesi sia come occasione di sviluppo economico, sia come opportunità di scambio culturale e strumento per favorire la reciproca comprensione tra persone, popoli e culture diverse che in tal modo vengono ad incontrarsi.
La posta in gioco del turismo responsabile è dunque potenzialmente politica, e come tale va gestita. Se l’accresciuta competizione internazionale ha fatto emergere la necessità di un raccordo tra la dimensione globale e quella locale per l’attrazione e la gestione dei flussi turistici, il turismo responsabile, con la riscoperta del territorio e delle sue tradizioni, aumenta le potenzialità di un’interazione virtuosa tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori. Ciò appare chiaro se focalizziamo il fenomeno in chiave “glocale”, rilevando come i soggetti delle comunità possano approfittare dei flussi turistici globali per rilanciare lo sviluppo locale sostenibile. In quest’ottica, in linea con il programma ST-EP promosso dall’OMT, si muovono da anni diversi soggetti transnazionali che operano nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, promuovendo nei paesi poveri forme di turismo responsabile che permettono di conciliare la vacanza dei ricchi (stranieri o autoctoni che siano) con l’empowerment delle comunità locali più povere. Oppure, senza andare troppo lontano, si pensi alle tante proposte di turismo rurale, comunitario e responsabile promosse e gestite da alcune comunità locali italiane, quella dei Briganti di Cerreto in primis. Si tratta di un’offerta turistica organizzata in maniera cooperativa dalla comunità che vive il territorio, sostenibile e integrata con l’economia locale e con le dinamiche sociali della popolazione residente, volta a integrare le tradizionali fonti di reddito, attenuando la concentrazione del reddito nelle mani di investitori extra-territoriali. Strumento ottimale per evitare la “museificazione” e recuperare un’identità in continuità con la tradizione, il passato e la vocazione del luogo, il turismo di comunità risulta vincente anche per contenere fenomeni di isolamento sociale e territoriale, oltre che di degrado ambientale e socioculturale. Coniugando l’ethos dell’ospite con l’ethnos dell’ospitante, questo tipo di ospitalità offre al turista l’opportunità di esperire un arricchimento umano e culturale, sperimentando l’ospitalità in famiglie o nuclei sociali comunitari locali, condividendo con essi vita quotidiana, lavoro, momenti di aggregazione e di discussione, in un contesto in cui scambio e conoscenza reciproca diventano il vero valore aggiunto del turismo.
In questa direzione viaggia anche IT.A.CÁ, il Festival del Turismo Responsabile che si svolge dal 25 maggio al 2 giugno a Bologna e in altre città dell’Emilia-Romagna. Sono circa 150 gli eventi in programma (mostre, iniziative in piazza, convegni e concorsi, visite guidate e itinerari in bicicletta, pranzi a Km 0 e spettacoli) ideati per promuovere una nuova idea del turismo, più etico e rispettoso dell’ambiente e di chi ci vive. In IT.A.CÁ convergono quelle forme di turismo che coniugano il tratto edonistico della vacanza con un’etica eudaimonistica incentrata sull’ospitalità di qualità e la cura del buon vivere, dove al centro c’è la gestione partecipata della vacanza attraverso un approccio responsabile al territorio. Un piccolo esempio di progetto turistico capace di mettere in rete a livello glocale e in modo sostenibile luoghi, territori, persone e imprese, coniugando felicità individuale e tutela del bene comune. Quello che manca al nostro Paese…