di Francesca Perinelli –
“In… In Puglia! Quanti oliveti abbattuti per realizzare quei maledettissimi campi fotovoltaici!”
“Certo, in Puglia”, l’ho ripreso, “da dove viene il grosso della produzione elettrica da fotovoltaico, con tutti gli squilibri alla rete che procura, per tacere d’altro.”
Il mio amico Michele, pugliese D.O.C., l’avevo incontrato domenica, in ascensore. Quindici secondi netti per una manciata di parole, poi le porte si sono aperte e sono uscita. Per intrufolarmi subito di nuovo, e fargli:
“Senti, solo per capire, ma è vero che in Puglia gli oliveti sono più che altro decorativi?”
“Che cosa dici?! Dove l’hai sentita questa grandissima baggianata?”
“Non può essere una baggianata, l’ho letta su internet”, ho sentenziato tra il serio e il faceto, mentre mi sfilavo nuovamente dalla tagliola delle porte. Però l’avevo letto veramente che con quelle piante “si può far tutto, tranne l’olio”.
Glielo avrei pure spiegato meglio, a Michele, ma poi… l’ascensore è ripartito. E comunque, era stato lui a stuzzicarmi la battuta: mentre battibeccavamo sulle primarie del PD, aveva affermato che avrebbe votato Vendola, il Governatore della Puglia. L’uomo i cui elettori decideranno forse l’esito del ballottaggio di domenica prossima. Cosa che avrà probabilmente riflessi importanti sui prossimi cinque anni di governo del paese. In prospettiva dunque, il Vendola-pensiero non andrebbe sottovalutato.
Il punto è che ho capito (magari un po’ in ritardo, ma c’è chi non ci arriva mai), che il maggiore fattore che determina le scelte di politica internazionale è sempre uno: appropriarsi o mantenere il possesso delle fonti di energia tradizionali: petrolio e gas. Mettiamoci pure che l’Italia è storicamente molto sensibile alle colonizzazioni, si potrebbe arrivare a dire (certo non lo dirò io) che “sembreremmo” governati non tanto da questo o quel partito o personaggio, quanto da forze economiche che originano per lo più all’estero. Dando per vera questa innominabile ipotesi mi è facile immaginare per quali interessi, in un paese così promettente per lo sviluppo delle “energie alternative”, la vicenda degli incentivi al fotovoltaico abbia seguito la triste parabola sotto gli occhi di tutti, ampiamente prevista già da chiunque avesse alzato per tempo lo sguardo oltre confine e, per esempio, riflettuto sul tonfo iberico contemporaneo alle prime edizioni del Conto Energia in Italia.
Io, entusiasta del fotovoltaico della prima ora, ormai penso da tempo che, senza una seria sperimentazione sui modi (materiali e processi), alternativi all’uso del silicio, di estrarre elettricità dal sole (così come dalle altre fonti rinnovabili), non potremo mai riuscire a sottrarci alla sottomissione agli importatori di “oro nero”.
Ecco perché non riesco a condannare il fotovoltaico in toto, ma solo l’uso distorto che si è fatto degli incentivi e le limitazioni economiche alla ricerca, che obbligano un’intera filiera a limitarsi alle trite soluzioni escogitate a suo tempo per i pannelli in silicio o a poco altro ancora.
Ed ecco perché a Michele ho voluto opporre alla falsa “naturalità” dell’elettricità ottenuta dalla luce solare l’altrettanto falsa idea che le piantagioni di ulivo in Puglia siano devolute esclusivamente all’estrazione dell’olio (che necessiterebbe di “location” e metodi di raccolta meno bucolici) e non piuttosto a mantenere all’altezza dell’immaginario collettivo quella bellissima regione, a principale vantaggio dell’industria del turismo. È tutta una questione di approfondimento. In questo momento storico non ci si può limitare al “sentito dire”, dove internet ha sostituito la televisione come medium preferito nelle citazioni.
La rivista Le Scienze, prima delle Primarie, aveva dato diffusione alla richiesta,
fatta (e poi esaudita, i risultati si possono vedere QUI),
ai candidati alle primarie del PD, di esprimere le proprie posizioni su sei quesiti riguardanti la scienza:
1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?
2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?
3. Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?
4. Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?
5. Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
6. Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?
E, dato che le risposte erano arrivate giusto in tempo per confermare o meno le mie idee prima della votazione, incontrando Michele in ascensore ero fresca fresca dei punti di vista di Nichi Vendola. Il quale pensa ad “un futuro esclusivamente rinnovabile”.
Cosa teoricamente molto bella, certo. Però bisogna considerare che “rinnovabile” non è una parola magica. L’incentivazione scriteriata1 del solo fotovoltaico costringe attualmente l’Italia a gestire un surplus di produzione di energia elettrica –tra l’altro uno degli squilibri causati consiste nel fallimento delle tariffe biorarie-. Riempiendosi la bocca di verde, si è finanziato l’utilizzo di un’energia tutt’altro che ecologica (visto il ciclo produzione/smaltimento dei pannelli in silicio), che non ha portato altro beneficio che all’economia dei produttori cinesi (i quali si sono anche svuotati i magazzini delle vecchie scorte), che peserà sulle nostre bollette per altri vent’anni almeno. E che, con l’improvvisa riduzione degli incentivi, ha causato un danno enorme all’unico settore imprenditoriale che aveva illusoriamente resistito alla crisi e fatto perdere migliaia di posti di lavoro – leggi “pane a bocche da sfamare”, quante ne conosco -, in pochissimi mesi.
E, in più, c’era un’altra questione che mi faceva mal digerire tanta leggerezza. Legata al fatto che non sia ancora ipotizzabile quando avverrà l’esaurimento dei giacimenti di greggio, visto che ne vengono ancora scoperti di nuovi, in giro per il mondo2.
Dunque, i quantitativi di energia necessari a sostenere la crescita mondiale ( essendo previsti nel mondo, nei prossimi 20 anni, l’aumento di circa tre miliardi di “consumatori medi”, cioè che arrivano ad un livello di reddito tale che iniziano a consumare come gli occidentali) non sono assolutamente richiedibili all’utilizzo delle sole fonti rinnovabili (e assimilate, come la cogenerazione, come ricorda, comunque giustamente, Vendola). E, giocoforza, bisognerà confrontarsi ancora a lungo con gli idrocarburi.
Potrà l’Italia vivere un futuro autarchico perché è in controtendenza rispetto al Sud del mondo, perché ci sono meno nascite che morti? A questa motivazione bisogna opporre l’osservazione obiettiva che ormai il melting pot è già qui, ora, e che l’aumento della popolazione causata dalle nuove migrazioni è una tendenza irreversibile. Che il problema va affrontato adesso.
Nei giorni scorsi ho partecipato ad un convegno3 che ha fatto il punto proprio sulle tematiche energetiche, organizzato da Amici della Terra.
Questa è un’associazione ambientalista, sì, ma non come altre in perenne opposizione a tutto. Un’associazione che ha anni di lavoro serio sulle spalle e che ha imparato a coinvolgere nelle discussioni anche gli interlocutori “scomodi”, quelli che con l’ambientalismo di solito fanno a cazzotti. E, quello che conta, portando a casa, anno dopo anno, dei risultati.
Bè, io avrei voluto che le risposte dei candidati del PD, almeno al quesito sulle politiche energetiche, fossero più improntate a soluzioni pragmatiche, ma percorribili, come quelle che erano offerte all’ascolto di chiunque avesse presenziato insieme a me al convegno (che poi, era a partecipazione gratuita), piuttosto che a facili dichiarazioni populiste. Avrei voluto che fosse detto, rispetto al problema globale dell’aumento della popolazione, problema che coinvolge anche l’Italia, che del mondo è parte e non può stare solo a guardare il proprio ombelico – una strategia che storicamente non paga -, che fosse detto che le nuove strategie devono prevedere, prima di qualsiasi altro intervento, il ricorso:
1) all’efficienza energetica degli edifici
2) all’aumento della produzione agricola su larga scala
Dalla relazione di Alberto Marchi – McKinsey & Company: “Efficienza energetica, leva fondamentale per la crescita economica sostenibile a livello nazionale e globale”.
Queste strategie oggi ci possono apparire difficili da perseguire, da un lato perché per fare efficienza (quindi ridurre effettivamente il ricorso all’inquinante, e distorsiva per il mercato, energia da idrocarburi), data la complessità delle operazioni, occorre investire capitali che non si trovano nelle tasche di chiunque, dall’altro lato perché la produzione agricola può aumentare solo ricorrendo alla coltivazione degli Ogm, ad oggi malvisti e ostacolati perché i principali studi sulla loro sicurezza vengono effettuate da enti privati, sospettabili di connivenze con i principali produttori mondiali.
La questione però anche qui sta nelle conclusioni tratte dalla conversazione con Michele: scelte vincenti di politica economica e sociale si hanno solo e soltanto restituendo, con urgenza, dignità e fondi (prevalentemente statali) alla ricerca scientifica. Per avere maggiori sicurezze e garanzie, maggiore autonomia e ricchezza, per noi e per chi ci succederà, in campo energetico come in quello alimentare.
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1) Il ricorso agli incentivi (comunque elemento chiave in un paese come il nostro per dare l’avvio a cicli virtuosi, utili al vero cambiamento sociale) potrebbe essere meglio affrontato, ad esempio, con un occhio alle nuove teorie economiche circolanti, come quella del “nudge”, “un metodo scarsamente invasivo ma efficace, che ha poco a che fare con l’introduzione di incentivi monetari” … “che fa leva su alcuni elementi della psicologia comportamentale umana” (perché “gli esseri umani sono diversi dall’Homo oeconomicus”), ovvero l’indirizzo dato da un governo ai comportamenti dei cittadini, “in modo da migliorare la loro vita, secondo il loro sistema di valori e non quello del governo” (“ognuno deve essere considerato libero di fumare, anche se questo comporterà problemi di salute per il fumatore e maggiori spese mediche a carico della società”). Ad esempio negli Stati Uniti “l’utilizzo di alcuni dispositivi domestici in grado di segnalare visivamente la quantità di energia consumata – e possibilmente anche di collegarsi a internet per confrontare i dati con altri utenti – si è rivelato molto utile per diminuire i consumi”. Cfr: Emanuele Campiglio, L’economia buona – ed. Bruno Mondadori, 2012
2) Ho chiesto a Salvatore Aprea (uno che studia e non è uso a calare dall’alto opinioni immotivate nei suoi articoli), il quale mi ha sommariamente confermato che, per quanto riguarda il petrolio, il problema non sta tanto nel determinare quando si esaurirà, bensì quando non sarà più economicamente sostenibile, ovvero fin quando il prezzo del barile compenserà il prezzo di estrazione. Essendo poi la ricerca del picco di estrazione complicata dal subentro di innovazioni tecnologiche (come ad esempio lo shale oil, analogo allo shale gas, di cui Salvatore si è occupato in due occasioni per LIB21)
https://www.lib21.org/a-tutto-shale-gas/
https://www.lib21.org/shale-g as-una-risorsa-abbondante-ma-rischiosa/
che consentono di sfruttare risorse fino a ieri non considerate, questo rende ancora più difficili le previsioni. Ma, in conclusione, l’asticella si sposta comunque sempre un po’ più avanti.
3) Se avete un po’ di tempo e voglia, fatevi un giro tra gli interventi dei relatori intervenuti alla “Quarta conferenza nazionale sull’efficienza energetica”.
(E, se vi cogliesse un dubbio sul mio titolo, credetemi: ho ancora contratto e stipendio da metalmeccanico.)