di Salvatore Aprea –
Ho avuto un incubo: ho visto l’Italia in ginocchio quest’anno. Negozi chiusi. Strade buie. File interminabili di taxi in attesa di clienti. Cittadini in difficoltà in crescita senza sosta, molti dei quali non più in grado di mettere insieme neanche i soldi per pagare il ticket sui medicinali. Molti che, per curarsi, si rivolgono all’organizzazione umanitaria Médecins du monde. Davanti ai loro ambulatori centinaia di persone sono in fila. La miseria sta contagiando tutti. Dalla finestra del mio balcone la mattina presto vedo persone che frugano nei cassonetti alla ricerca di qualcosa da mangiare. Per non farsi notare scelgono le prime ore del mattino, quando le strade sono deserte.
Ovunque nella capitale ci si imbatte nello spettacolo desolante di negozi vuoti e abbandonati, anche nelle zone più eleganti, luogo di passeggiate per la borghesia cittadina. Un tempo le strade erano illuminate a giorno dalle vetrine dei negozi. Oggi di sera sono buie come la pece. Un negozio su due ha chiuso e quei pochi ancora aperti sopravvivono vendendo merce scontata. In una strada commerciale del centro storico con negozi poco costosi, lo spettacolo è ancora più triste. I negozi sono chiusi o vuoti. Clienti non se ne vedono. “Quanto posso resistere?”, si chiede la titolare di un piccolo negozio di abbigliamento. “Passano giorni interi senza che entri un cliente”.
La recessione ha messo in ginocchio tutti
I titolari di piccole imprese edili hanno licenziato quasi tutto il personale. Ormai non si costruiscono più case. Chi non è licenziato non prende lo stipendio da mesi, ma almeno ha la fortuna di avere ancora un posto di lavoro. I disoccupati hanno perso ogni speranza di un futuro migliore. La sensazione è che stiano solo aspettando la fine. Quando un’ampia fetta della popolazione non ha più fiducia, la vita diventa opprimente. In molti condomini non si accende più nemmeno il riscaldamento: le famiglie non hanno i soldi per il gasolio o preferiscono risparmiarli.
Non hanno più lavoro, eppure devono continuare a pagare: l’imposta sui redditi, le altre tasse e il contributo di solidarietà, che quest’anno devono versare addirittura due volte. Quanto all’IVA, negli ultimi dodici mesi è stata aumentata due volte. Gli evasori, in compenso, non sanno nulla di addizionali e contributi di solidarietà. Molti di loro non compilano neppure la dichiarazione dei redditi, oppure nascondono al fisco il grosso delle loro entrate. I cittadini onesti, invece, sono costretti a pagare perfino per l’aria che respirano Le persone oneste sono sempre più rintanate nella sfera privata. Gli altri sono entrati in politica, hanno arraffato un lavoro redditizio come imprenditori all’interno del sistema clientelare oppure un posto ben pagato nella classe dirigente corrotta. Ci sono anche dei profittatori che invocano il ritorno alla lira, così il loro patrimonio in euro aumenterebbe di valore e gli permetterebbe di acquistare importanti proprietà pubbliche a prezzi stracciati. In caso di uscita dall’euro, infatti, lo stato sarebbe costretto a privatizzare gran parte dei suoi beni per fare cassa.
Pochissimi lavoratori ricevono regolarmente lo stipendio. Molti lo incassano a rate e con mesi di ritardo. Tutti vivono in condizioni difficili e tra grandi preoccupazioni, perché temono che le imprese per cui lavorano chiudano i battenti dall’oggi al domani. Inoltre, con la crescita bloccata e senza la possibilità di ottenere un prestito, molte piccole imprese spariscono lasciandosi alle spalle i debiti da pagare. Davanti agli uffici di collocamento si vedono lunghe file di disoccupati che ogni mese aspettano pazientemente il mandato di pagamento per incassare il sussidio in banca. Ma non hanno nessuna certezza che i soldi arrivino ai primi del mese. A volte per avere i loro 416,50 euro devono aspettare settimane. Il numero dei disoccupati cresce giorno dopo giorno e gli uffici esauriscono presto il denaro. Le finanze dello stato sono al collasso e al ministero delle finanze qualcuno si è fatto venire la brillante idea di far pagare le tasse attraverso le bollette dell’elettricità: a chi non paga viene tagliata la luce. Molti anziani sono costretti a fare la fila alla cassa dell’azienda elettrica per pagare le imposte. “Devo pagare subito 250 euro”, si lamenta un signore sulla sessantina. “Per l’affitto spendo 400 euro al mese. Come faccio a campare con i 150 euro che mi restano?”
Spesso il centro di Roma rimane chiuso al traffico per le manifestazioni e i negozi abbassano le saracinesche per paura degli scontri. Quando scioperano gli autisti dei mezzi pubblici, cosa che accade di continuo, il centro della città diventa un deserto. I commercianti perdono i pochi clienti che potrebbero ancora comprare qualcosa e i cittadini devono andare a lavorare a piedi o in bicicletta. Può costargli anche un’ora o due ma, temendo per il posto di lavoro, non possono permettersi di restare a casa.
Una generazione perduta
Molti ragazzi passano la giornata seduti davanti al computer cercando disperatamente su internet un lavoro in qualsiasi parte del mondo per diventare emigranti come i loro nonni, che negli anni sessanta partirono dal Sud per andare a cercare un lavoro in Germania. Questi ragazzi hanno una laurea e a volte perfino un dottorato, ma dopo gli studi li aspetta la disoccupazione. Nel corso dell’anno un fiume di giovani è emigrato.
Alla parata scolastica del 2 giugno, gli alunni di un ginnasio di Roma si sono presentati con dei fazzoletti neri al collo in segno di lutto. Quando l’opinione pubblica è venuta a sapere della manifestazione con i fazzoletti neri, c’è stata un’ondata d’indignazione e molti giornalisti hanno parlato di “offesa alla festa nazionale”. Ma i presunti provocatori erano semplicemente degli studenti di un liceo dei quartieri più degradati di Roma, con un tasso di disoccupazione tra i più alti del paese. Molti di loro sono figli di disoccupati che non possono più pagare la retta scolastica e rischiano di non poter avere un’istruzione superiore. “Non volevamo disturbare la parata, volevamo solo esprimere la nostra preoccupazione per il futuro che ci aspetta”, afferma uno degli studenti. Ma questa vicenda è solo una faccia della medaglia. Una signora sulla quarantina dice: “Io insegno in un ginnasio di Roma e ogni giorno mi vergogno per come abbiamo educato male questi ragazzi. Ogni giorno, durante la ricreazione, osservo gli studenti. Non parlano che di automobili, jeans di Armani e magliette di Gucci. Non hanno la minima idea del fatto che il paese è in crisi e nemmeno di quello che li aspetta. Arrivano a scuola già viziati dai genitori, e noi continuiamo a viziarli”. Due scuole, due mondi diversi. Una vive nei quartieri poveri, l’altra in quelli ricchi. Già a scuola i ragazzi sono diversi. Hanno in comune tra loro solo il fatto di non avere mai conosciuto la povertà. Hanno vissuto in un’epoca di falsa ricchezza e per loro la miseria è qualcosa di sconosciuto.
Che Roma non diventi Atene
Il lettore paziente penserà che un’indigestione può provocare degli incubi notturni che deformano la realtà, ma il mio incubo è ad occhi aperti. È l’incubo di chi teme che ciò che già accade altrove possa realizzarsi anche da noi se la classe dirigente nostrana continua scelleratamente a giocare col fuoco. Sì, perché ciò che ho descritto finora è quel che sta effettivamente accadendo da mesi ad Atene. È stato raccontato a dicembre – in un articolo dal titolo “Atene ha spento le luci”, pubblicato in Germania da Die Zeit e ripreso in Italia da l’Internazionale – da Petros Markaris, uno scrittore greco noto per essere stato sceneggiatore del regista Theo Angelopulos e il cui ultimo libro, “Prestiti scaduti” , è il primo capitolo di una trilogia dedicata alla crisi greca. Certo, si tratta di due economie diverse, ma la antica crisi politica e morale dei due Paesi ha più di un punto di contatto. In un altro stralcio Markaris scrive: “Nei primi anni ottanta chi condivideva questi slogan di sinistra è riuscito a entrare in politica con la tessera del Pasok (il Partito Socialista greco) o ad assicurarsi una poltrona nell’apparato dello stato. Chi non condivideva questo linguaggio faceva parte del vecchio sistema reazionario. Con il passare del tempo, molte di queste persone sono diventate ricchissime. Eppure continuano a dirsi di sinistra. Ma è solo una farsa. Sono questi i vincitori di ieri. Ma i loro figli fanno parte della generazione perduta di oggi. E domani la loro rabbia non risparmierà i padri”. Come esempio penso che basti…..