di Salvatore Aprea –
Mentre il nostro Paese negli ultimi decenni si è impantanato tra bizantinismi e incompetenze, i Paesi più lungimiranti non ci hanno aspettato e sono rapidamente andati avanti, destinando cospicui capitali alla ricerca energetica, mentre noi rischiamo di accumulare ulteriori ritardi. L’amministrazione Obama, in particolare, punta a dare una svolta sostenibile all’approvvigionamento energetico nazionale, investendo in cinque settori tecnologici green.
Ma perché guardare agli USA?
Qualche lettore potrebbe chiedersi per quale ragione stavolta abbia deciso di occuparmi della ricerca e degli investimenti che stanno effettuando al di là dell’Atlantico. Apparentemente potrebbero sembrare argomenti molto lontani da noi eppure il motivo è semplice: mettere in evidenza che, mentre negli ultimi decenni il nostro paese si è impantanato tra bizantinismi, incompetenze e interessi di parte, accantonando colpevolmente le necessità reali per baloccarsi su questioni liquidate alla svelta nelle democrazie più evolute (il recente caso del presidente tedesco Wulff docet), il mondo non ci ha aspettato ed è andato avanti velocemente. L’approvvigionamento energetico è fondamentale per la crescita di un paese – nella storia è sempre stato così – e per questo le economie più avvedute stanno investendo nel settore ingenti capitali, mentre noi rischiamo di accumulare ulteriori ritardi. Il nostro obiettivo dovrebbe essere diventare un paese competitivo grazie alla ricerca e all’evoluzione tecnologica e non tramite la compressione del costo del lavoro come in molti paesi terzomondisti. Non dimentichiamoci che il nostro paese importa oltre l’80% dell’energia che consuma e la fattura energetica nel 2011 è stata di 61,9 miliardi di euro.
La ricerca energetica americana: un occhio sul futuro
Per promuovere e finanziare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie energetiche avanzate, nell’aprile del 2009 Barack Obama ha avviato l’agenzia governativa ARPA-E (Advanced Research Projects Agency-Energy). Biomasse ottenute dai pini, generatori eolici ispirati ai meteoriti e “batterie del calore” per immagazzinare l’energia solare per un tempo indefinito, sono solo alcune delle idee su cui quest’anno investirà il governo americano con l’intento di dare una svolta sostenibile all’approvvigionamento energetico nazionale. L’amministrazione Obama considera l’ARPA-E fondamentale per il futuro energetico del paese e dopo le feroci battaglie di bilancio che si sono abbattute su Washington, è riuscita a spuntare 180 milioni di dollari. L’obiettivo però è assai più ambizioso: per il 2012, infatti, l’amministrazione USA punta a raggiungere i 550 milioni di dollari di finanziamenti. Ogni anno, per sviluppare tecnologie energetiche evolute, l’agenzia governativa finanzia decine di progetti con possibili grandi benefici, ma abbinati ad alti rischi di fallimento e che quindi non potrebbero avere spazio altrimenti: dalle turbine eoliche alle tecnologie per pannelli solari, transitando per le trivellazioni geotermiche, i biocarburanti e le coltivazioni di biomasse. Nelle ultime selezioni il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ha finanziato 60 progetti di ricerca dell’ARPA-E, localizzati in 25 degli Stati USA, ripartendo tra loro 156 milioni dollari del Congresso. Lo scopo è aumentare la competitività americana in cinque aree tecnologiche: i biocarburanti, le terre rare alternative, lo stoccaggio termico, le reti elettriche intelligenti, l’energia solare.
Dalle terre rare ai biocarburanti
Una delle principali aree tematiche è la REACT (“Rare Earth Alternatives in Critical Technologies”), destinata alla ricerca di alternative alle terre rare, minerali naturali dotati di proprietà magnetiche uniche, ma molto costosi a causa della loro scarsità. Alle terre rare, al momento, non è possibile rinunciare facilmente: oggi per esempio servono per gli schermi televisivi, fanno funzionare le marmitte catalitiche, vengono usate negli hard disk dei computer. In effetti, non si tratta di elementi assai più rari di altri diffusi come il rame, ma sono pochissimi i giacimenti in cui le terre rare sono concentrate in percentuali tali da renderne l’estrazione redditizia. La criticità diventa acuta se si considera che oltre il 95% del fabbisogno mondiale attualmente viene assicurato dalla Cina. La scoperta di importanti giacimenti in Australia, nel Queensland, e nel deserto del Mojave, in California, potrebbero contribuire all’evoluzione di una situazione sempre più incerta. L’idea però è di trovare soluzioni più disponibili rispetto all’utilizzo delle terre rare in molte tecnologie esistenti o emergenti. La ricerca di sostituti è attiva soprattutto in tre settori: motori per veicoli elettrici, generatori eolici e magneti permanenti. In quest’ultimo campo, in particolare, c’è molta attenzione per le sperimentazioni alla Northeastern University, dove alcuni ricercatori sono riusciti a creare – partendo dal binomio ferro-nichel – una struttura che si trova solo nei meteoriti.
Se le terre rare sono un settore critico, una delle maggiori sfide, però, è rappresentata dal trasporto e dalla conservazione dell’energia termica, sia calda che fredda, che riguarda circa il 90% delle odierne tecnologie energetiche. La sfida che, una volta risolta, potrebbe sconvolgere il mondo dell’energia è affrontata dal programma HEATS (“High Energy Advanced Thermal Storage”), che tra gli altri finanzierà il lavoro del gruppo del Prof. Jeff Grossman al Massachusetts Institute of Technology. Si tratta di un progetto in evoluzione in cui gli scienziati, utilizzando nanomateriali innovativi, stanno sviluppando un dispositivo per la conservazione di energia ovvero una “batteria del calore” che cattura e conserva l’energia solare per rilasciarla successivamente. Lo strumento, denominato “HybriSol”, assicura diversi vantaggi: è trasportabile come qualunque carburante, è rinnovabile al 100% ed è ricaricabile come una batteria a zero emissioni. Inoltre, potrebbe essere usato sia per il riscaldamento sia per la purificazione dell’acqua e permettere l’accesso all’energia solare 24 ore al giorno. In caso di successo, l’impatto sulla riduzione dei consumi da fonti fossili potrebbe essere senza precedenti.
Tra i settori d’interesse ovviamente non poteva mancare quello solare, a cui è destinato – assieme alla SunShot Iniziative – il programma Solar ADEPT (“Solar Agile Delivery of Electrical Power Technology”), con un obiettivo sfidante: ridurre il costo dell’energia solare del 75% entro la fine del decennio. Uno dei progetti pilota è dell’azienda texana Ideal Power Converters che sta sviluppando dispositivi elettronici ultraleggeri per collegare alla rete i pannelli fotovoltaici. L’aspetto innovativo è rappresentato dalle dimensioni dei transistor, che dovrebbero essere così minuti da permettere l’installazione dei pannelli lungo le pareti e sui tetti degli edifici commerciali, riducendo al tempo stesso il peso fino al 98%: l’abbattimento dei costi di produzione, trasporto e installazione sono facilmente immaginabili.
Il principale settore finanziato da ARPA-E è, però, il programma PETRO, dedicato alla ingegnerizzazione delle piante affinché sostituiscano il petrolio. Diversi progetti puntano allo sviluppo di colture che garantiscano un rapporto conveniente tra l’energia prodotta e l’acqua necessaria, per dimezzare i costi dei biocarburanti derivati da piante come il tabacco e l’albero di pino. Su quest’ultimo, ad esempio, lavora un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida che sta cercando di incrementare la produzione di trementina, un biocarburante liquido che può essere ottenuto dai pini. In particolare, la tipologia di pino sviluppata dai ricercatori è progettata per accrescere la produzione di trementina dal 3% al 20%, aumentando così la capacità delle foreste di stoccare il biocarburante. In questo modo per i ricercatori sarà possibile produrre 100 milioni di galloni (circa 378 milioni di litri) di carburante all’anno con meno di 25.000 acri (poco più di 100 chilometri quadrati) di foresta. Tanto per rendere i numeri più comprensibili, il consumo italiano di benzina nel 2011 è stato di circa 7400 milioni di litri e il parco nazionale del Vesuvio si estende per circa 72,5 chilometri quadrati.
Come si vede, la locomotiva americana per la ricerca energetica marcia spedita, nonostante i tagli al bilancio causati dalla crisi economica. Certo, non tutta la classe politica americana è ugualmente illuminata. Se si ascoltano un po’ alcuni dei candidati repubblicani alla presidenza c’è da restare sconcertati per l’impreparazione. Tuttavia alla fine è prevalsa su tutto l’urgenza di trovare delle soluzioni tecnologiche evolute perchè in alcuni campi le condizioni future potrebbero diventare davvero critiche. Non sono stato convincente? Bene. Cercherò di riuscirci con i prossimi articoli sull’energia dedicati ai biocarburanti dalle biomasse e alle terre rare…