di Joseph Stiglitz –
Quali proposte per uscire dalla crisi? Anche gli economisti ragionevoli, quando devono riflettere sulla crisi, perdono di vista i loro punti di riferimento e si concentrano solo sulle passività, ma questa è una risposta di natura politica. Esiste una risposta economica più razionale: aumentare gli investimenti anche se finanziati con il debito. Bisogna puntare su politiche “a somma positiva”. Il benessere sociale deve essere mantenuto e difeso, perciò l’efficienza economica dovrebbe essere garantita, tassando le attività “cattive” delle imprese, non quelle “buone” come il lavoro e il risparmio. Bisogna costringere le imprese a pagare i costi che impongono all’ambiente. Stiglitz ci invita a considerare che economia efficiente e qualità della vita non solo sono conciliabili, ma sono imprescindibili.
La crisi in Irlanda
I conservatori sostengono che in questo momento i tagli alla spesa sono indispensabili, se gli Stati Uniti non vogliono ritrovarsi in una crisi analoga a quella di Grecia e Irlanda. L’Irlanda è andata incontro alla crisi soprattutto perché ha creduto nell’ortodossia del libero mercato: mercati finanziari senza controllo hanno portato ad un rigonfiamento del settore finanziario che ha messo a rischio l’intera economia; mentre i politici si vantavano della crescita (i cui benefici non erano diffusi uniformemente), hanno dato poca importanza ai rischi a cui stavano esponendo l’economia. La lezione fondamentale dell’esperienza irlandese – e di quella degli Usa – è che non è possibile basarsi su mercati incontrollati e autoregolamentati.
La crisi in Spagna
Il caso della Spagna fornisce una risposta a chi sostiene che tutto ciò che bisogna fare è rendere più rigidi i vincoli di Maastricht ed evitare che i governi possano aumentare i deficit pubblici. Prima della crisi, la Spagna era in surplus. Il governo spagnolo avevano riconosciuto che i mercati stavano producendo profonde distorsioni nell’economia, ma non ha avuto né il tempo né gli strumenti per intervenire: oggi la Spagna è in forte deficit, con il 20% di disoccupazione e il 40% di disoccupazione giovanile.
E’ singolare come economisti ragionevoli, quando viene assegnato loro il compito di ragionare sulle scelte politiche, perdano rapidamente i loro punti di riferimento. Quando guardano alla salute di un’impresa, considerano cash flow e bilancio, attività e passività. Ma quando passano ad analizzare i bilanci pubblici, si concentrano esclusivamente sulle passività. Non si può fare a meno di pensare che questa cecità sia di natura politica: riducendo il debito sperano di forzare (in tempi come questi) i tagli alla spesa sociale. C’è però una risposta economica più razionale: aumentare gli investimenti, anche se finanziati col debito, può migliorare la solidità complessiva di una nazione e anche ridurre il rapporto deficit/Pil nel medio termine. Per paesi come gli Stati Uniti, con investimenti che non vengono più realizzati da anni e con la possibilità di contrarre prestiti a tassi vicini allo zero, una politica di questo tipo avrebbe risultati positivi: le entrate fiscali aumenterebbero molto più degli interessi da pagare, portando a una riduzione del debito e un aumento del Pil. Con un numeratore inferiore e un denominatore più alto, la crescita economica diventa più sostenibile.
Politiche “a somma positiva”: Tassiamo le attività “cattive”
Queste sono politiche “a somma positiva”. Ci sono altre politiche che possono migliorare l’efficienza dell’economia e promuovere una crescita di lungo periodo. Costringere le imprese a pagare i costi che impongono all’ambiente significa eliminare un sussidio distorto, aumentando l’efficienza. Il benessere sociale è stato migliorato dall’introduzione della regolamentazione ambientale, che ha portato a un’aria più respirabile e un’acqua più sicura. Utilizzando incentivi di mercato – tassando le attività “cattive” invece delle “buone”, come il lavoro o i risparmi – è possibile generare reddito e allo stesso tempo aumentare l’efficienza. I titoli finanziari tossici americani hanno inquinato l’economia globale e imposto costi enormi sulle spalle di altri. Esiste un’ampia gamma di imposte sul settore finanziario – compresa la tassa sulle transazioni finanziarie – che potrebbero generare un ammontare considerevole di entrate fiscali e magari portare anche a un’economia più stabile. Allo stesso modo, tasse sui derivati del petrolio e sulle attività che provocano emissioni di carbonio potrebbero incrementare l’efficienza energetica dell’economia, fornendo al tempo stesso le risorse necessarie per ridurre il deficit pubblico.
Infine, ci sono politiche che comportano pesanti trade-off , in cui non tutti hanno benefici nel breve periodo. Se il consolidamento fiscale ci dev’essere, questo non dovrebbe pesare sulle spalle di chi ha sofferto per il malfunzionamento del sistema durante l’ultimo quarto di secolo, ma piuttosto sulle spalle di chi ha beneficiato di questo sistema. Negli Stati Uniti, per esempio, con circa un quarto dell’intero reddito nazionale che appartiene all’1% più ricco della popolazione, moderati incrementi delle tasse sul reddito, sui guadagni in conto capitale e sul patrimonio potrebbero portare grandi entrate fiscali senza compromettere lo standard di vita. Anche una piccola tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe far recuperare grandi risorse. [Continua la prossima settimana].
[tratto da: www.sbilanciamoci.info]