di Cinzia Fortuzzi –
Se le parole possono avere più potere di una spada, è bene riflettere sul deterioramento del linguaggio usato dai media ai nostri giorni. E se, le parole derivano direttamente dai pensieri e condizionano le nostre azioni, è opportuno considerare l’uso del linguaggio che viene usato quotidianamente dalla televisione, dai quotidiani e da Internet. Le informazioni ci vengono fornite in modo non ridondante e con la dovuta trasparenza?
Non c’è modo di azione, né forma di emozione, che noi non condividiamo con gli animali inferiori. È solo attraverso il linguaggio che siamo superiori a loro, o l’un l’altro − attraverso il linguaggio, che è il padre e non il figlio del pensiero. Oscar Wilde
“Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventeranno parole. Fai attenzione alle parole, perché diventeranno azioni. Fai attenzione alle tue azioni, perché diventeranno abitudini. Fai attenzione abitudini, perché diventeranno carattere. Fai attenzione al carattere, perché diventerà il tuo destino.” Questa frase gira su Internet in tantissime lingue e viene attribuita di volta in volta a Lao Tse, a Seneca, al Talmud, a Oscar Wilde e via dicendo, qualcuno l’attribuisce addirittura a se stesso. Meryl Streep le pronuncia nel suo ultimo film “The Iron Lady”.
L’aforisma rammenta quale sia l’importanza dei pensieri e conseguentemente delle parole. La parole seguono direttamente il pensiero e condizionano le azioni. Occuparsi della qualità del linguaggio, quindi, non è puramente una questione filologica, ma è interesse per una facoltà che appartiene precipuamente all’uomo e che, pur tuttavia, non lo esprime pienamente.
Il saggio di Walter Benjamin, Über die Sprache überhaupt und über die Sprache des Menschen del 1916, in Gesammelte Schriften vol. II-1, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1991, pp. 140-157.* (reperibile su Internet) parla di una sorta di magia del linguaggio, dice che, attraverso di esso, l’uomo comunica la propria specifica essenza spirituale.
La molteplicità dei linguaggi, nei quali ci si imbatte durante la giornata, appare evidente ad ognuno di noi. Ogni professione si è costruita un proprio linguaggio specialistico: si pensi ai medici, agli scienziati, agli avvocati, ai professori, a volte, anche ad artigiani e negozianti che sviluppano dei gerghi propri.
Un uomo che usa troppe parole per esprimere concetti semplici è come un cattivo tiratore che invece di lanciare contro un oggetto una sola pietra ben mirata, ne lancia una manciata a caso sperando di colpirlo” Samuel Johnson
L’uso di una terminologia specialistica permette a coloro che esercitano una professione di potersi confrontare tra di loro, escludendo i non addetti ai lavori. Molto spesso però magniloquenza, ridondanza ed ermetismo servono esclusivamente a mascherare incompetenza e superficialità. Chi non ha mai sentito individui che si esprimono con paroloni, che alla fine non dicono nulla? Al contrario ci si sorprende piacevolmente di come scienziati eccellenti riescano a comunicare in modo chiaro e palese delle idee complesse addirittura sull’origine dell’universo.
I media, che per antonomasia assolvono alla funzione comunicativa, dovrebbero esprimersi in un linguaggio semplice e trasparente, anche se non banale; spesso, al contrario, sottopongono al proprio pubblico notizie insignificanti in modo ripetitivo e con voce stentorea, mentre, informazioni più interessanti, sono fornite in modo frettoloso con parole appiccicate, che ne rendono incomprensibile il significato, per non parlare poi dei numerosi strafalcioni.
Alcuni giornalisti sembra che abbiano disimparato a parlare con chiarezza e semplicità. L’importante è dare degli annunci in modo inquietante e aggressivo, con l’unico obiettivo di alzare lo share della trasmissione. In nome dello share si alza la voce, si gridano le parole. Risultato: la maggior parte delle notizie risulta incomprensibile o viene falsata.
In questo modo ogni fatto, anche una semplice nevicata, diventa un evento e si vive in una specie di day after permanente. Guerre, terremoti, naufragi non sono certo argomenti rassicuranti, ma spesso anche avvenimenti ordinari vengono trasformati in situazioni ansiogene.
L’uomo moderno vive in un continuo stato di stress emotivo e paura, nonostante le statistiche sostengano che la nostra epoca è relativamente più pacifica di tante altre che l’hanno preceduta. Le generazioni precedenti sono sopravvissute a ben due guerre mondiali e, nelle recenti nevicate, le persone anziane erano spesso quelle più “attrezzate” ad affrontare le situazioni difficili.
I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo. Ludwig Wittgenstein
Linguaggio è società sono dunque inscindibili e la qualità del linguaggio, i suoi mutamenti sono uno specchio della società in cui si vive. Parole come “porcellum” “bunga bunga”, usate e abusate negli ultimi mesi degradano la nostra lingua e ci si chiede se esistano parole equivalenti anche in altri paesi e se con esse esistano i fenomeni che le hanno provocate.
Quasi in contrappunto al linguaggio isterico e a volte singolare dei media, molte locuzioni della vita di tutti i giorni si sono allungate esageratamente: non si dice più buongiorno ma buona giornata. Molti negozi hanno aggiunto un suffisso che le rende più lunghe: non panini e bibite, ma panineria e poi di seguito yogurtheria, bisteccheria, bruschetteria, stuzzicheria, porchetteria, biscotteria, borsetteria, calzetteria, etc. Queste parole, che superano senz’altro la lunghezza media della maggior parte di quelle della lingua italiana, danno però la sensazione errata che, fermandoci o acquistando qualcosa in quel tal posto, avremmo sicuramente del tempo in più da dedicare a qualcosa di piacevole.
Il silenzio è una delle grandi arti della conversazione. William Hazlitt
Del linguaggio fanno parte ancora i silenzi, le pause, ma la nostra società sembra li abbia dimenticati! Spesso Il silenzio, sostiene Daniel Pennac, dice più di quel che tace. La nostra giornata è, invece, bombardata da rumori e da suoni di ogni tipo. Nei centri commerciali, in palestra, in ascensore, in autobus, dall’estetista, siamo perennemente impegnati ad ascoltare qualcosa: musica, quando va bene, altrimenti pubblicità, televisione, etc.. Non si ha più il tempo materiale per concentrarsi su un qualsiasi pensiero. La nostra società si parla addosso ventiquattro ore su ventiquattro, il silenzio è ormai diventato sinonimo di vuoto. Un vuoto che forse qualcuno non sa già più come riempire.
Tutti quindi, in special modo coloro che si occupano di comunicazione, dovrebbero ripensare alla qualità delle parole, perché esse rivelano i pensieri e condizionano le azioni e infine anche il carattere di un popolo. In altri termini solo ritrovando la chiarezza e la semplicità del linguaggio e riconciliando tra loro significante e significato, si potrebbe tornare ad essere “Le genti del bel paese là dove ‘l sì suona”.
In special modo “Il giornalista – come asserisce Ferruccio De Bortoli – non dovrebbe mai estraniarsi dalla comunità e usare un linguaggio diverso, un linguaggio più accessibile dove ci sia un maggiore rispetto per chi legge, per chi guarda, per chi naviga anche su Internet in modo che nasca anche un nuovo Rinascimento del nostro Paese, dove ci si occupi di più di quella che è la costruzione del nostro futuro e della nostra coscienza nazionale e un po’ meno di altri aspetti, dei quali forse i giornali oggi sono troppo ingombri” (vedi articolo)